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Anche Scordia “spremuta” dalla crisi agrumicola

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  • di Tania Catalano
  • in Cronaca
  • — 5 Gen, 2012

Anche Scordia, come tutta la Sicilia, risente della crisi agrumicola e, considerando che la nostra economia ruota attorno a questo settore, la diretta conseguenza è che a pagarne le spese risulta essere l’intera cittadinanza e non solo chi appartiene al settore.

Ma questa è una crisi che, purtroppo, parte da lontano. Negli anni gli interventi infrastrutturali e quelli inerenti la filiera sembrano essere stati pochi e a volte poco efficaci e così, da almeno dieci anni, la crisi non molla il settore  costringendo gli agricoltori ad abbandonare l’attività e i lavoratori, già sottopagati e senza diritti, a non avere più un lavoro.

Da anni tutti si chiedono cosa aspetti il governo regionale per attuare misure risolutive e per fare scelte politiche mirate al rilancio di un settore strategico per  l’economia siciliana.

Le arance sono il primo prodotto agricolo coltivato in tutto il territorio siciliano. La Sicilia è la prima regione in tutta Italia per produzione di arance.  A dirlo sono i dati ISTAT  e lo confermano quelli forniti da Confagricoltura Sicilia. Tuttavia si parla di richiesta inferiore rispetto agli anni passati e tutto il comparto ne piange le conseguenze.

Nonostante la nostra regione sia la maggiore produttrice di arance, la Spagna  e  altri stati che si affacciano sul mediterraneo fanno entrare nel mercato buona parte del loro raccolto. Così la Sicilia da prima regione produttrice di arance non fa che imbattersi  in un mercato estero sempre più competitivo. Inoltre, il commercio e la raccolta degli agrumi sono fermi a causa dei livelli bassissimi dei prezzi alla produzione che non consentono alcuna remunerazione rispetto ai costi di produzione e di trasporto.

L’agrumicoltura italiana attraversa un momento drammatico dovuto, dunque, anche ai fenomeni economici  della globalizzazione dei mercati e quindi alla concorrenza spietata che subiscono i nostri prodotti da parte di paesi emergenti, che proprio in campo agricolo esprimono la maggiore capacità concorrenziale.

Non è difficile, in tali condizioni, quantificare i danni che il settore agrumicolo subisce e visualizzare la corsa senza freno che fa scendere in picchiata l’economia del settore agricolo.

Secondo Confagricoltura regionale negli ultimi cinque anni sono oltre 50 mila le aziende in Sicilia che hanno abbandonato il settore dell’agricoltura, in generale. Inoltre i prezzi dei principali prodotti agricoli siciliani, negli ultimi anni, hanno subito un crollo che varia dal -32 per cento per il grano duro, al -35 per cento, al contrario i prezzi di produzione sono cresciuti del 31 per cento. E’ evidente quanto sia in forte crisi il comparto agricolo siciliano e che a soffocare è  l’intera regione.

Non riescono a decollare neanche i farmers market, ossia i mercatini in cui il produttore vende direttamente al consumatore evitando così tutti i vari passaggi commerciali che fanno lievitare il prezzo. Abbattendo i costi intermedi della filiera si può offrire al consumatore un prodotto a prezzi tagliati dal 30 al 60 per cento rispetto a quelli del negozio. I mercatini dei produttori sono stati autorizzati per legge già dal 2001 importando un’idea sbocciata 30 anni fa in California.

Allo stesso modo non esiste una mentalità che ci guidi verso il consolidarsi di una realtà consorziale, un modello imprenditoriale basato sulla cooperazione e sul comune principio della qualità del servizio, un criterio rivolto alla valorizzazione delle risorse interne, valore aggiunto per le aziende partner. Piuttosto diamo, invece,  adito ad una concorrenza inter nos sterile e assolutamente improduttiva.

TANIA CATALANO

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