Nuove “scoperte” al Parco Cava
12E’ proprio di qualche settimana fa il rinvenimento fortuito, ad opera dei volontari del parco Cava-Grotta del di alcuni frammenti ceramici che si distinguono nettamente dalla copiosa messe di terracotta comune presente in situ.Giacevano sul terreno, a pochissima distanza dal rudere (case Mangano) posto sul plateau roccioso di cui abbiamo ampiamente parlato in altre occasioni. Zona in realtà assai avara di reperti di un certo rilievo.
Una veloce analisi affidata a figure certamente più competenti, ma che ci auspichiamo venga seguita da studi più dettagliati, ha prodotto interessanti esiti.
Si tratterebbe, infatti, dei resti di una ceramica invetriata, con tracce di bruciatura, probabilmente risalente ad un epoca tardo-medievale; di un’altra ceramica forse un po’ più antica, con decorazioni a strisce orizzontali impresse, e di un minutissimo frammento di probabile “Campana C”, cioè di ceramica ad impasto grossolano e vernice nera, di plausibile produzione locale, a imitazione di modelli importati dalla Campania (come dire: un “tarocco” ante-litteram!..)
Quest’ultimo, nel caso fossero comprovate l’autenticità e l’origine, dovrebbe spostare un po’ più all’indietro la cronologia del sito, almeno sino all’epoca classica (V-III sec. a.C.).
Ci troviamo così a riscontrare i primi fondamentali tasselli per la composizione dell’appassionante “puzzle storico” del Parco Cava-Grotta del Drago, utilissimi per la comprensione delle frequentazioni dell’area (e non solo, come vedremo). Il mistero e i dubbi, riguardo le strutture individuabili sul terreno, prendono gradualmente a dissolversi grazie agli indizi che questi ritrovamenti ci forniscono.
Nel caso si confermasse la validità dei reperti potremmo spingerci a supporre presenze del medioevo o, addirittura, dell’epoca greca o pre-romana, e che le tracce murarie affioranti tra la ricca e variegata flora siano i resti degli ambienti costruiti, o riadattati. Si perché, anche se tutti da verificare, non sono affatto da escludere stanziamenti molto più antichi, come è stato affermato da più parti e come del resto stanno ad indicare, con plateale evidenza, i numerosissimi ambienti ingrottati presenti in tutta l’area del parco. Un ulteriore e determinante elemento di supporto proviene anche dalle istituzioni preposte che già da tempo avevano schedato il sito come “Abitato rupestre bizantino e altomedievale”.
La ricaduta sulla storia del nostro paese appare immediata: acquistano maggiore forza infatti le ipotesi che vorrebbero una “terra di Scordia” continuamente abitata nel tempo, a partire da epoche arcaiche, se non preistoriche, sino ai nostri giorni. Alla stregua di altre cittadine confinanti, sovente ben più “riverite” e “celebrate” , almeno in ambito archeologico e storico.
Tuttavia cautela e buon senso s’impongono d’obbligo: non sfuggirà infatti una sottintesa incongruenza nella relazione tra alcuni dei reperti e le strutture murarie. Queste sono, nella stragrande maggioranza dei casi, opere “a secco” e quindi, ove non si trattasse di povere sistemazioni ad uso agricolo, sarebbero da attribuire a periodi precedenti il medioevo. L’unica testimonianza coerente proverrebbe dal minutissimo coccio di Campana C, ma non è in questa sede, purtroppo, che se ne possono stabilire le esatte, indiscutibili, corrispondenze.
Invochiamo, ancora una volta, il solerte interessamento da parte di tutte quelle figure competenti che vorranno, anche per via volontaria, dedicarsi al recupero e alla tutela dei “gioielli di famiglia”, culturali e naturali, vere e proprie chiavi con le quali aprire i forzieri del nostro interessante passato.
“Siamo spronati dall’entusiasmo e dalla passione ad occuparci della valorizzazione del territorio, convinti che parlare delle risorse e delle attività del Parco sia preferibile al silenzio” è quanto dichiarano, con ferrea determinazione, Pippo Li Volti e Alessio Gavini, instancabili e preziosi motori del comitato, ammirevoli per l’impegno profuso in questa nobile causa.
Noi raccogliamo l’appello e raccontiamo quanto vi accade al contempo avvertendo gli attenti lettori che in ogni caso evitiamo di esporre con assolutistica certezza le ipotesi formulate (seppur non prive di minimi requisiti di attendibilità ed in genere provenienti da “addetti ai lavori”), auspicando tempestive conclusioni da parte degli enti di competenza.
Non volendoci spingere oltre, ci fermiamo qui; in attesa dei tempi e dei modi con cui, negli ambiti di pertinenza, si getteranno le basi di una solida “rifondazione” della nostra storia .
Una storia in continua composizione, tassello dopo tassello, proprio come un avvincente…puzzle!
GINO CALLERI