San Rocco, la chiesa madre di Scordia
0Edificata a partire dal 1628 per volontà di Antonio Branciforti, l’allora Principe della città, che si riservò il diritto di nominarne i parroci, la chiesa madre di Scordia fu dedicata a San Rocco.
La vicenda del santo merita d’esser brevemente raccontata.
Nato a Montpellier, in Francia, nel 1328, dedicò la sua esistenza alla cura degli ammalati di peste, operando guarigioni e prodigi che gli procurarono ben presto molta fama, specie durante il suo pellegrinaggio a Roma. Tornato in Francia, desideroso di recuperare alla svelta l’anonimato, si fece rinchiudere in carcere, ove morì povero e dimenticato il 16/8/1360.
Il terribile sisma del 1693 danneggiò gravemente la fabbrica che venne riedificata sul progetto generalmente attribuito a fra Michele da Ferla, ipotesi tuttavia poco plausibile cronologicamente e, per di più, mancante di credibili fonti documentarie e riaperta al culto nel gennaio del 1712. Durante la gestione di Mario De Cristofaro (1830-1867) furono apportate importanti modifiche strutturali e decorative che fecero assumere all’edificio l’aspetto attuale.
La chiesa delimita parte del lato orientale di Piazza Umberto I, per tanti secoli cuore sociale, politico, economico e religioso di Scordia, alla quale si raccorda tramite una monumentale scalinata curvilinea, in pietra chiara, estesa per tutta la lunghezza del prospetto principale, scandito da due ordini sovrapposti divisi da una cornice marcapiano. L’ordine inferiore mostra un grande portale centrale a tutto sesto delimitato lateralmente da due colonne corinzie ad alto basamento che sorreggono un frontone triangolare spezzato. Ai lati del portale si aprono due nicchie e due portali più piccoli, replicanti la stessa composizione decorativa ma sormontati da altrettanti rosoni, posti in corrispondenza delle navate laterali. Un sontuoso fregio con metope a piani lisci intervallati da triglifi contribuisce ad ingentilire ed armonizzare la composizione nel suo complesso.
L’ordine superiore è segnato da due lesene con capitelli corinzi su cui poggia un timpano a triangolo dal quale si dipartono due ampie volute con lampade a fiamma apicale. In posizione centrale si apre un finestrone con architrave e frontone spezzato, affiancato da altre due piccole finestre ottagonali cieche.
Il campanile si stacca dal prospetto a cominciare dal comparto superiore e mostra una cella campanaria impreziosita da lesene a capitelli che inquadrano finestre ad arco a tutto sesto con balaustra.
L’ampio e luminoso interno, d’impianto a croce latina a tre navate, è armoniosamente scandito da un trionfo di stucchi e decorazioni a foglia oro che si alternano a cornici, nicchie e medaglioni in cui trovano sede numerose opere pittoriche di nobile fattura e di epoche spazianti dal XVII al XX secolo. Tra esse possono distinguersi le firme di Marcello Vieri (artista senese del XVIII sec.), Pietro Garbini, romano (1856-1926),
del catanese Alessandro Abate (1867-1953), autore della grande scena con San Rocco tra gli appestati campeggiante al centro della volta principale, e del militellese Giuseppe Barone (1887-1956) a cui si deve pure il Cristo Rex Mundi che domina l’altare maggiore.
Nella grande cappella di San Rocco è collocato il Fercolo ligneo (1884) che ospita la statua del santo, privata delle originarie lamine argentee in occasione di uno dei tanti furti subiti dalla chiesa.
Nei locali annessi, inoltre, sono custoditi i paramenti e le suppellettili superstiti ai furti, creazioni artigianali di indubbio valore e pregio estetico, nonché un interessante archivio documentale.
Per molto tempo la chiesa fu annoverata tra i monumenti più interessanti e meglio conservati della diocesi calatina ma il sisma del 13 dicembre 1990 la danneggiò gravemente, determinandone la chiusura per parecchi anni a causa degli importanti lavori di recupero a cui è stata sottoposta.
Ricordiamo, infine, che qui è ospitata la Confraternita del SS. Sacramento, riconoscibile per la tinta monocroma (bianca) della divisa.
Gino Calleri