Colle San Basilio: un antico mito potrebbe raccontarci una rivoluzione industriale?
0La recente diffusione di un nuovo, valido, documentario a firma di Gaspare Mannoia, apprezzato architetto e prezioso divulgatore di misconosciuti quanto preziosi tesori di Sicilia, in cui viene indagato il sito di Brikinnia, l’antica ed orgogliosa città-fortezza legata a Leontini, fiera nemica della vicina Siracusa, risulta ineludibile l’esercizio di produrci in nuove speculazioni sull’intricato e affascinante tema.
La principale “attrazione” del sito è sicuramente la grande struttura sotterranea che la maggior parte dei ricercatori e studiosi ha definito cisterna. Una grande cisterna monumentale che doveva evidentemente servire ad una comunità di notevoli dimensioni , magistralmente ricavata in un profondo strato di roccia calcarea e sostenuta da travi, pilastri e capitelli composti da grandi blocchi rigorosamente squadrati e minuziosamente posti in opera. Struttura della quale, ormai, si è ampliamente parlato e sulla quale non ci soffermeremo oltre nel descriverla.
Altri studiosi hanno avanzato la possibilità che si trattasse di un “silos” ante litteram utilizzato in età romana.
Nel suo interessantissimo lavoro, Gaspare Mannoia ipotizza che il monumentale sistema colonnare sotterraneo sia probabilmente collegato alla presenza di svariati santuari degli eroi, tombe e altari per grandi e valorosi combattenti, e che ne costituisse il deposito delle offerte, soprattutto derrate, provenienti in gran copia da tutto il circondario. Viene così esclusa l’ipotesi classica della cisterna (come si sarebbe ottenuta l’impermeabilità del contenitore?) a servizio di una altrettanto ipotetica città (dove sarebbero le tracce della stessa?).
Confessiamo che l’ipotesi del santuario federale degli eroi non ci lascia indifferenti: sarebbe in accordo con la grandiosità delle emergenze ritrovate (e da ritrovare) e soprattutto con la sfarzosità della celebre sepoltura del Duce Ignoto, scoperta da Paolo Orsi nei primi decenni degli anni 20 del secolo scorso. Ma crediamo possa essere non del tutto esaustiva.
Inequivocabili tracce sul terreno, spesso dissepolte da scavi sicuramente clandestini, suggeriscono che ancora ben altro aspetta di esser portato alla luce e all’attenzione di studiosi e ricercatori: un’incredibile quantità di ceramica giace a vista sul piano di calpestio, riproponendo una fitta e reiterata frequentazione dell’area, forse realmente dovuta alla presenza e fioritura di un importante centro abitato e fortificato, probabile sede di floride rotte commerciali e spirituali.
Porzioni di roccia squadrata e brani di strutture a murarie fanno capolino in vari punti a pochi centimetri di profondità, suggerendo la stupefacente continuazione di un articolato ed esteso reticolo che si snoda lungo quasi tutta la superficie della sommità del colle! Un reticolo che, a quanto pare, doveva star a riparo da occhi “indiscreti”. O non amichevoli.
E’ della fine del XIX° secolo una ricevuta, rilasciata dal Museo Salinas di Palermo, della donazione di una Falera d’oro, rinvenuta sul colle, da parte di Ippolito De Cristofaro, all’epoca proprietario di gran parte dell’area. Nello stesso museo sarebbe attualmente conservata una fibula bronzea, sempre d’epoca romana e sempre di ambiente militare.
La falera romana corrisponde ad una medaglia al valor militare, per intenderci. L’archeologia ufficiale ci dice che, al momento, non sono state riscontrate evidenze e tracce della presenza legionaria nelle nostre zone. Potrebbero quei ritrovamenti servire, invece, a smentire tali affermazioni? E, nel caso, anche a rafforzare la tesi del santuario, utilizzato per svariati secoli da diverse facies culturali (che come tale avrebbero dovuto riconoscerlo), proposta da Mannoia? E’ pensabile che un piccolo distaccamento militare fu disposto a presidiare e difendere qualcosa di molto importante?
Nelle numerose aree di sepoltura presenti sul colle sono state rinvenute anche inumazioni dentro grandi contenitori in terracotta. Non potrebbero, queste, esser collegate ad usanze tramandate da ambienti italici, riconducibili ai miti degli eolidi e, in ultima analisi, all’eventuale individuazione del mitico e perduto regno di Xuto?
Soffermiamoci su questo punto.
Xuto era uno dei figli di Eolo che, stando alle narrazioni di Diodoro Siculo, sarebbe stato mandato in Sicilia dal padre. Qui, nell’area grosso modo compresa entro l’attuale Valle del Margi e la Piana di Catania, avrebbe fondato un ricco e potentissimo regno: la mitica Xuthìa che, a tutt’oggi, rappresenta una seducente ed appassionante sfida per l’attuale ricerca archeologica. All’interno dei confini di tale regno doveva trovarsi la sacra sede riservata al culto dei Palici, anch’esso riferibile ad ambienti italici, che viene generalmente individuata nei dintorni dell’area archeologica di Palikè, in territorio di Mineo. Evidenze letterarie ed archeologiche suggeriscono con forza che il regno di Xuto si estendesse su un territorio compreso tra la vetusta Lentini e le balze di Caltagirone, lambendo le pendici etnee e delimitato a est e a ovest dai rilievi degli Iblei e degli Erei.
Il villaggio sul Colle della Metapiccola, a Carlentini, ne rappresentava il probabile vertice a nord-est; quello del Molino della Badia, nei pressi di Grammichele, il limite a sud. Il territorio in questione doveva essere una distesa fertilissima che ben si prestava anche alla fioritura del grano. Lo sperone roccioso di San Basilio ne domina gran parte, offrendo un punto d’osservazione e controllo assai strategico. Siamo convinti che il centro antico che vi sorgeva facesse parte integrante ed importante di quel magnifico territorio, punto di confluenza di antiche rotte religiose e commerciali, probabile sede fortificata di ricchi depositi votivi ed agricoli.
Non è, quindi, inverosimile che vi fiorissero importanti santuari dedicati agli eroi, alle divinità eroiche e a quelle agrumicole: Demetra e Kore tra tutte e, forse, altri. Magari Eracle o lo stesso Xuto! Come ugualmente non sarebbe stato improbabile ricavarvi grandi strutture sotterranee, protette da mura e presidi militari, utilizzate nell’arco di svariati secoli, destinate al deposito e conservazione di beni di ogni genere ma di indubbio valore per le epoche in questione.
Eolo, padre di Xuto, era il dio dei venti. Il colle San Basilio ne è continuamente sferzato, durante quasi tutto l’anno. Uno dei probabili significati del termine Xouthos sarebbe: biondo/bruno giallastro. Siamo forse innanzi a quella che fu l’ introduzione di un più evoluto metodo della lavorazione su larga scala del grano in Sicilia orientale e della sua relativa trasposizione mitica? E’ possibile riscontrare all’interno della saga di Xuthia gli albori della trebbiatura e il passaggio cruciale alla coltivazione e consumazione di frumento (che troverà il culmine con la dominazione romana)?
Il centro fortificato di San Basilio poteva essere funzionale ad un importante “megastore” del grano o di altri preziosi prodotti agricoli coltivati sulle immense distese ai piedi del colle? Xuto, o (meglio) chi per lui, fu, forse, un potente e venerato grande imprenditore agricolo di un remoto passato che aveva impiantato sulla sommità del colle i suoi ricchi “capannoni” sotterranei , trasformati e riutilizzati successivamente, almeno sino all’avvento degli arabi? Infine ci chiediamo: è un caso che, ad un certo punto, il colle fu dedicato a San Basilio?
Il nome Basilio, che deriva dal greco Basileus , poi latinizzato in Basilius, significa anche “re” o “regale” (da Basilieios ). Quel modesto rilievo in mezzo ai Campi Leontinoi ,o Lestrigoni , fu, dunque, il colle di un re? E’ vero: sembra quasi un improbabile racconto del genere fantasy , perduto tra le pieghe dei millenni e gli intrecci di antiche civiltà che una ricerca ancora assai lacunosa non riesce a delineare nei suoi complessi aspetti cronologici, definiti solo in minima parte. Ma finché negli ambienti di competenza non decideranno di occuparsi seriamente del sito, ci si potrà sentire autorizzati (anche provocatoriamente) a formulare domande e proporre ipotesi che, per quanto fantasiose (purché non palesemente assurde) potranno comunque ammantarsi di un certo grado di attendibilità! Sino a prove contrarie!
GINO CALLERI