Il caso delle spese dei consiglieri provinciali. E’ giusto indignarsi?
1Se l’ultimo anno ci ha regalato Regionopoli, terminata l’esplorazione delle Regioni d’Italia, non sorprende più di tanto che si apra una “Provinciopoli”. L’uso e il presunto abuso di somme stanziate per fini Istituzionali e in molti casi utilizzati per fini che definirei “para-Istituzionali” sembra una vecchia e collaudata patologia della classe politica. La trasversalità dei consiglieri coinvolti ci lascia intendere che si tratta di una vera cancrena del sistema. In questi casi sono interessati la quasi totalità dei consiglieri degli Enti sottoposti alla lente d’ingrandimento del controllo giudiziario. Sarà naturalmente come sempre la magistratura contabile ad accertare eventuali responsabilità di abusi e uso distorto delle spese alla Provincia di Catania, somme che variano dai 50 mila ai 6 mila euro circa. Ma credo che una cosa in questi casi possiamo dirla senza aspettare il giudizio della magistratura (sia essa penale o contabile). Questo caso come altri possono essere archiviati come classici casi di enorme sperpero di denaro pubblico. Spesso nei normali intercalari si dice che abbiamo una burocrazia pesante, ingombrante, massiccia, che costa troppo, che eroga pochi servizi alla collettività. A che cosa ci si riferisce? Beh, senza essere tacciati di antipolitica, credo che Regionopoli e Provinciopoli ne danno una rappresentazione esemplare.
Il caso delle spese dei 45 consiglieri della Provincia Regionale di Catania ad oggi non è un problema penale. E’ probabilmente un presunto abuso di risorse pubbliche destinate a “fini Istituzionali”. Per la legge dei grandi numeri alcuni riusciranno a chiarire la loro posizione e giustificare il fine Istituzionale, altri probabilmente saranno condannati a risarcire tutto o parte di dette somme. Come sempre accade in queste vicende, a mio avviso non ci deve interessare il profilo penale o l’eventuale responsabilità contabile cui sono chiamati i protagonisti delle vicende. In questa breve riflessione non voglio entrare nel merito del singolo caso. M’interessa la vicenda per coglierne ed estrapolarne la patologia sistemica. La trasversalità geografica (da Bolzano a Catania) oltre che politica, ci impone una lettura generale e astratta su diversi aspetti che ruotano attorno al modo in cui si spendono le risorse pubbliche.
1) Le anacronistiche spese di funzionamento. Si chiamano spese di funzionamento della Presidenza, dei gruppi consiliari e delle commissioni, ma alla luce della crisi e delle ristrettezze di bilancio hanno ancora senso e ragion d’essere? Le suddette somme sembrano anacronistiche nel momento in cui si hanno mille difficoltà a reperire risorse e fare quadrare un bilancio. Giova, infatti, ricordare che questi stanziamenti sono somme aggiuntive alle risorse già previste per il normale funzionamento di gruppi e commissioni (spese telefoniche, elettriche, postali, di manutenzione ordinaria e straordinaria, acquisto di beni strumentali quali computer, materiale di cancelleria e altro). I Regolamenti dei Consigli sono spesso sovrapponibili, in fondo il “fine Istituzionale” è comune a ogni longitudine. Partecipazioni a convegni e seminari fuori sede, spese per la stampa e tipografica, acquisto di quotidiani, periodici e altro materiale utile all’aggiornamento del consigliere. Naturalmente deve sussistere la connessione con le attività dell’Ente rappresentato. L’elencazione tipica e la varietà delle spese che possono essere autorizzate sono molto ampie, anche perché tutti i regolamenti chiudono con il classico comma ….“Ogni altra attività corrispondente alle finalità Istituzionali o interesse per l’attività Istituzionale”. Come ci hanno raccontato le cronache in fase di rendicontazione nella dicitura “Spese di rappresentanza”, “viaggi e convegni Istituzionali” o “acquisti per finalità Istituzionali” ci finivano di tutto e di più. Il confine di quello che è Istituzionale e ciò che non è attività o fine Istituzionale talvolta appare molto chiaro, non a caso molti si affrettano a restituire le somme con tanto di presunto errore contabile di scambio fattura. In altri casi il “fine Istituzionale” può anche essere soggettivo e interpretativo. Ed è questo l’oggetto di contestazione da parte delle Procure. Alla magistratura il controllo della legittimità, ai cittadini il controllo di merito su come vengono spese le risorse pubbliche.
2) La lontananza tra il palazzo e il mondo reale. La magistratura può sindacare l’eventuale abuso, ossia l’inesistenza del fine istituzionale nella spesa. I cittadini possono invece sindacare uno spazio più ampio, ovverosia le scelte delle assemblee. Quando un Consiglio di un Ente approva un bilancio di previsione allocando delle risorse da una parte piuttosto che da altra, evidentemente compie delle scelte politiche. Ma a volere essere “larghi” non reclamo neanche l’utilità o meno delle spese di funzionamento delle commissioni e dei gruppi (ricordiamo risorse aggiuntive). A lasciare sbalorditi è l’enorme flusso di denaro (il quantum) e naturalmente il fine “para-istituzionale” su come si è speso questo fiume di denaro pubblico (la qualità della spesa). Se i Regolamenti prevedono l’iscrizione di somme in bilancio, si possono cambiare o comunque si possono sempre inserire cifre da mondo reale in linea con la congiuntura. Un consigliere provinciale e soprattutto un consigliere regionale, se proprio devono aggiornarsi o partecipare a un convegno, hanno veramente bisogno delle risorse aggiuntive! Non possono farlo con le laute indennità di funzione che percepiscono! In fondo se i comuni mortali (precari Co.co.co, dottori di ricerca, praticanti, specializzandi e altri) devono aggiornarsi, comprare materiale o semplicemente partecipare a un corso devono farlo reperendo le risorse dalle classiche mille euro. Se non sbaglio le indennità di funzione, sono rispettivamente 10 mila euro circa per un consigliere regionale e 3 mila per un consigliere provinciale. Non è facile antipolitica, ma semplicemente ennesima indignazione da mondo reale.
3) La diligenza del buon padre di famiglia in periodi di crisi e vacche magre. Nella migliore delle ipotesi, spese lecite previste dai Regolamenti e stanziati nei bilanci di previsione, ma certamente “spese folli” che rasentano l’assalto alla diligenza. In questi ultimi periodi di crisi, quando si formavano i bilanci di previsione se con una mano si è tagliato ovunque, con l’altra si assisteva all’aumento di queste somme e capitoli di spesa poste in essere per il funzionamento degli organi Istituzionali. Se si va a osservare l’andamento di queste somme di spesa dal 2007 al 2013 (piena crisi economica) il trend è stato in crescita esponenziale, clamoroso il caso della Regione Lazio più che decuplicato. Il tutto strideva fortemente con la canzone “Non ci sono soldi” si deve usare il bisturi. Canzone che porta sovente a ridurre o azzerare altri capitoli di spesa a favore della collettività amministrata. Ed in questo, andando oltre il livello superiore del Governo comunale (Provincia -Regione – Parlamento), ho sempre visto uno scoramento tra amministratori della cosa pubblica in crisi e classe amministrata. Il sintomo più tangibile è che a ogni elezione un elettore su due non va a votare o comunque non esprime un voto valido. Certo mi si potrà obiettare che queste sono cifre marginali nel bilancio di una Regione o Provincia, ma ciò che conta è il segnale dello sperpero e della spesa facile. Dalle Alpi a Lampedusa, la classe politica ha pensato bene di soffiare sul vento dell’antipolitica.
4) La Magistratura ultimo baluardo dei controlli. Come ho sempre detto, quando arriva la magistratura è sempre una sconfitta per tutti, poiché dimostra che gli anticorpi naturali del sistema non hanno funzionato. L’ex capogruppo della Lega al Consiglio Regionale Lombardia (Galli), tra le “spese istituzionali” aveva inserito il banchetto nuziale della figlia. Avendo invitato i vertici di mezza Lega Nord delle Provincie lombarde, evidentemente il banchetto era stato classificato come normale pranzo di rappresentanza para-Istituzionale. Il tutto per la modica cifra di 6 mila euro. Ma il fatto grave non è solo la fattura consegnata dal politico agli uffici regionali, piuttosto che il funzionario preposto aveva accolto la spesa e pagato il servizio come se tutto fosse regolare. Mi rendo conto che il fine Istituzionale in alcuni casi può essere labile e di dubbia interpretazione, ma lo sposalizio della propria figlia è certamente cosa privata. Era solo un errore dovuto a uno scambio di fattura? Chi autorizzava questi pagamenti? E’ infatti il filtro del controllo interno, ovvero l’avallo da parte degli uffici amministrativi dell’Ente che è mancato in tutti questi casi. E in questo vedo, nella migliore delle ipotesi, una sorta di sudditanza psicologica del funzionario addetto nei confronti del politico. Ancora una volta dobbiamo registrare che eventuali abusi e l’utilizzo distorto delle somme a disposizione degli organismi politici, è sempre appurato dalla magistratura. E questo nonostante qualcuno pensa che in Italia la magistratura sia un cancro di questo paese. Com’è ben evidente il cancro si annida da altre parti.
FRANCESCO GHERARDI