La vallata del Loddiero. Un tempo era la nostra Hawaii.
0Un tempo il nostro territorio doveva essere simile alle Maldive o alle Hawaii, offrendo scenari incantevoli con colori favolosi e acque limpide e calde.
La riprova concreta si trova davanti ai nostri occhi, sotto forma di spettacolari formazioni rocciose che custodiscono, come le pagine di un avvincente libro, la storia geologica del circondario.
Il torrente Loddiero, nel corso dei millenni, ha inciso profondamente le balze rocciose che da Militello degradano verso Scordia formando una valle lussureggiante, scrigno di preziose testimonianze archeologiche, naturalistiche, biologiche e geologiche.
Da almeno due, tre milioni di anni qui si susseguono vicende geologiche che hanno appassionato e continuano ad appassionare studiosi di ogni parte.
Ad imponenti manifestazioni vulcaniche, dalle quali è scaturito il substrato lavico originario, si sono susseguite lunghe fasi di quiescenza che hanno favorito il deposito e l’accumulo di aggregati sedimentari e organici con la formazione di meravigliose barriere coralline e relativi atolli.
La ripresa improvvisa delle fasi eruttive ha poi causato la distruzione di gran parte di quelle barriere e della fauna sottomarina che vi si era stanziata, ricoprendo i chiari depositi carbonatici con scura coltre basaltica che dalle quote subaeree si immergeva prepotente ed irrefrenabile verso gli abissi, formando nuove linee di costa e mettendo in posto delle peculiari distese di “lave a pillows” che tutt’oggi possiamo ammirare nelle zone in cui sono venute alla luce; sia per opere naturali sia a causa delle attività umane.
Seguendo l’ormai malmesso sentiero che dai resti carbonizzati del cosiddetto “ponte di legno” (di cui si auspica un veloce, per quanto improbabile, ripristino) conduce in salita alle prime case di Militello, ci si imbatte, dopo qualche centinaio di metri, in una costa rocciosa chiara, sulla destra, che denota la natura sedimentaria dello strato in questione. Ci troviamo, quindi, ad un livello che all’epoca della formazione di questa roccia giaceva sotto il livello del mare.
Qui, come indica chiaramente anche un cartello posto recentemente dalla Soprintendenza ai beni culturali di Catania, risiedeva una copiosa colonia di lamellibranchi (la famiglia delle cozze, per intenderci) che prosperava godendo delle opportunità offerte da un ecosistema ideale.
Improvvisamente, la luce solare, poco schermata dalle acque limpidissime, venne offuscata da una cupa nuvola oscura. Il mare iniziò a ribollire e ad esplodere a contatto con un’enorme lingua di lava, diretta verso il fondo. La colonia di lamellibranchi, saldamente attaccata alla sua scogliera, non poteva trovare scampo: fu annientata dalla lava che però non la fagocitò totalmente.
Sulle rocce rimasero, per sempre, le povere impronte dei loro resti; silente testimonianza, per i posteri, dell’ulteriore sconvolgimento geologico che interessò la vallata.
In altre parole, si verificò una remotissima catastrofe “pompeiana” sottomarina, resa oggi visibile dall’innalzamento tettonico dello zoccolo ibleo al quale appartiene il nostro territorio.
Poco oltre, sempre proseguendo verso Militello, un altro cartello ci avvisa della presenza di una splendida giacitura di coralli fossili che si estende lungo una cresta sedimentaria degradante per alcune decine di metri.
La vista offerta è davvero affascinante. Chiarissime strutture a ventaglio ospitano centinaia di scheletri di coralli dei quali è possibile ammirare anche le sottili lamelle radiali della loro sezione.
Qualche milione di anni fa, qui c’erano le Maldive!
Grandi e variegate barriere coralline si estendevano per tutta l’area, in un contesto spettacolare in perfetto equilibrio di salubrità e temperatura delle acque. Doveva essere uno scenario incredibilmente bello.
Ma, ancora una volta, le dinamiche geologiche iblee ne hanno determinato l’inevitabile fine, portando le barriere a livelli tali in cui era impossibile per loro sopravvivere.
Piccole frane stanno continuamente interessando le pareti che ospitano tali preziose testimonianze, lasciando presagire una loro probabile scomparsa in tempi poco lontani. E’ un’eventualità che ci sentiamo di scongiurare, sperando che tutta l’area, come accadde con un illuminato intervento del secolo scorso, rimasto, purtroppo senza un adeguato seguito manutentivo, venga nuovamente fatta oggetto di ulteriori e più lungimiranti progetti di recupero.
Il nostro territorio, che fa la sua parte, raccontandoci sempre storie avvincenti e interessanti, ne ha estremo bisogno!
GINO CALLERI