MILITELLO. Il sindaco dice no all’apertura di uno Sprar nella città barocca
0Richiedenti asilo e rifugiati a Militello? Non se ne parla nemmeno. Per il sindaco della cittadina barocca, dott. Giuseppe Fucile, le esigenze di tutela del tessuto sociale della comunità prevalgono sulle istanze d’accoglienza degli extracomunitari.
La decisione, che il primo cittadino ha ufficialmente comunicato, in una missiva, al prefetto e al questore, chiude ogni spiraglio all’apertura locale di uno Sprar, il Sistema di protezione per migranti che riserva, in unità abitative già individuate, diverse attività di orientamento e assistenza per almeno 20 soggetti.
L’aperto dissenso del Comune non è stato “digerito” dai responsabili della cooperativa sociale “Papa Wojtyla” di Militello, che hanno contestato “la scarsa sensibilità dell’amministrazione verso il dramma di chi soffre. L’Ente municipale – ha aggiunto l’amministratore unico della onlus, dott. Danilo Dambone – ignora anche la perdita di opportunità di lavoro”.
Secondo il primo cittadino, lo Sprar potrebbe ledere i precari equilibri economici dei residenti, “creando nuove forme di emarginazione e devianze. L’impatto sulla nostra comunità potrebbe generare, inoltre, nuove tensioni e conflitti, compromettendo ogni rapporto d’integrazione. La Giunta non è insensibile ai bisogni dei soggetti più deboli, che saranno presto impegnati in alcuni cantieri di servizio”.
Dambone ha escluso, tuttavia, pericoli di disordini pubblici, ponendo in luce il processo d’integrazione che, in altri centri del Calatino, unisce le comunità locali ai richiedenti asilo politico: “Non sono previste forme d’accoglienza verso clandestini o soggetti non censiti. Militello non può restare indifferente alle domande d’aiuto che provengono dalle condizioni umane più fragili”.
Parlando di strategie di politica sociale e welfare, infine, il sindaco Fucile ha ammesso: “Speculare sul bisogno non è un’operazione elegante. I progetti d’accoglienza devono essere legati alle peculiarità di un territorio. Gli extracomunitari, oltre all’alloggio e al vitto, non avrebbero concrete possibilità di lavoro e strumenti d’accesso ai servizi. Servirebbero pure interventi di tipo culturale e inserimenti in ambito scolastico, che il nostro paese, in questo momento, non può garantire ai migranti”.
LUCIO GAMBERA