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Non solo Etna. Il “vulcanismo” ibleo.

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  • di Gino Calleri
  • in Cultura & Spettacolo
  • — 28 Mag, 2013

DSC04947Per molti siciliani il vulcanesimo dell’isola si identifica sostanzialmente in due nomi: Etna e Isole Eolie.
Le continue e spesso spettacolari manifestazioni di questi apparati vulcanici catturano l’attenzione di tutti, portandoci a dimenticare gli “echi” di un altro vulcanismo di casa, ormai “fossile”, che tuttavia riveste una grandissima importanza in ambito geologico proprio perché testimonianza di una dinamica attività, iniziata e conclusa in tempi remotissimi, che ha vissuto una mirabile alternanza di fasi, tutte da leggere come in un appassionante libro di Storia della Terra: il vulcanismo Ibleo.

Forse non tutti sanno che la seconda vetta siciliana, il Monte Lauro, non è altro che un antichissimo vulcano spento, ora spartiacque dello zoccolo ibleo protrusione del continente africano in quello europeo. Altri vulcani spenti, a noi più familiari, sono il M.te Santa Venera, che domina l’orizzonte a Sud di Scordia, ai piedi del quale sembra adagiarsi il piccolo abitato di Pedagaggi, e il Poggio Santa Croce, a Sud-Ovest, sotto il quale si estende la vicina Militello V.C.
Cercando di esemplificare al massimo, potremmo definire i vulcani come dei rilevatori dell’attività geodinamica di aree in cui si verificano contatti tra placche o faglie tettoniche. L’Etna e le Eolie, infatti, si trovano in prossimità della linea di contatto tra la placca africana e quella europea: la crosta africana, più pesante, tende a scivolare sotto quella europea, che si corruga formando montagne (gli Erei, per esempio) mentre la roccia che sprofonda si riscalda fino a fondersi trasformandosi in lava. Questa, risucchiata dalla differenza di pressione, viene risospinta verso l’alto, trascinata anche da poderose formazioni di gas, finché non fuoriesce nell’atmosfera in prossimità dei punti crostali di minore resistenza: i vulcani.

Come accennato prima, l’attività vulcanica iblea si è manifestata in varie fasi con alternanza di prolungati periodi di quiete e di ripresa sia in ambiente sub marino che subaereo.
E’ probabile che in origine il sistema eruttivo ibleo fosse composto in massima parte da una serie di fratture (dorsali) sottomarine dalle quali scaturivano lave molto fluide (basaltiche). Per questa ragione non sono visibili imponenti edifici vulcanici ben riconoscibili e strutturati, quali potrebbero essere l’Etna o lo Stromboli.

A circa 200 milioni di anni fa risalgono i primi episodi eruttivi i cui prodotti risultano invisibili poiché si trovano a notevoli profondità nel sottosuolo ragusano, mentre ad epoche comprese tra i 90 e i 70 milioni di anni fa sono riferibili affioramenti osservati presso Capo Passero.
Dopo una prolungata fase di quiete (65-10 Ma ) si registrò una ripresa che durò sino a 7/6 milioni di anni fa e rintracciabile nei territori tra Vizzini, Grammichele e Palagonia (quest’ultima dà il nome ad una famiglia di rocce laviche: le Palagoniti).
Per chi volesse addentrarsi in paragoni: l’Etna ha “soltanto” 500.000 anni circa!
In seguito, interrompendo una “breve” ulteriore pausa, si ebbe l’ultima fase attiva conosciuta, iniziata verso i 5 milioni di anni fa e durata circa tre milioni di anni. Di questa i prodotti più rappresentativi si trovano tra Palagonia, Lentini, Militello e Scordia, segnatamente nella Valle del Loddiero che rappresenta un vero laboratorio geologico a cielo aperto assai noto alla comunità scientifica di pertinenza.
La ricerca stratigrafica, infatti, ha serbato interessantissime scoperte che hanno destato grande attenzione tra i ricercatori di tutto il mondo. Una spettacolare sequela di depositi chiari sub marini, interrotti da scurissime lave subaeree e submarine, tutti disposti secondo peculiari livelli e inclinazioni, ha reso assai stimolante l’indagine, restituendo affascinanti scenari nei quali il mare, con continue ingressioni e regressioni, ha partecipato in modo determinante, insieme agli apparati eruttivi, all’evoluzione morfologica della vallata, sovente interessata anche da fenomeni tettonici, bradisismici e orografici.

La Valle del Loddiero, quindi, costituisce un luogo importantissimo di lettura della formazione geologica di tutto il comprensorio ibleo e molti studiosi vi ravvisano le potenzialità di Geotopo, cioè di un patrimonio culturale, a carattere geologico, assolutamente da custodire e proteggere.
L’ennesima risorsa naturale che, se ben valorizzata potrebbe contribuire al riscatto della nostra terra!

Forti di questo autorevole messaggio, invitiamo tutti ad amare e rispettare il territorio che ci ospita, ricco di tesori culturali che molte altre “piazze”, ben più civili, ci invidiano!

GINO CALLERI

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