Parco Cava. Le scoperte non finiscono mai.
0Passeggiare tra i sentieri del Parco, spesso vuol dire imbattersi in luoghi interessanti e suggestivi, seppur non di rado impervi. Le pareti delle valli fluviali, incise tra i calcari e le vulcaniti sono un continuo susseguirsi di grotte, sia naturali che artificiali.
Come detto più volte, questi ambienti primitivi sono stati utilizzati dall’uomo sin dalle epoche preistoriche e, senza stupor di sorta, finanche ai nostri giorni.
In genere si trovano su quote abbastanza elevate, dalla mezza costa in su, per cui spesso occorre eseguire delle non comode arrampicate per raggiungerli.
Ci si chiederà il perché di tale, apparentemente bizzarra collocazione, ma la risposta arriva immediata se consideriamo la possibilità che il livello dei fiumi ha subito sostanziali variazioni nel corso dei secoli. Un villaggio preistorico, del resto, doveva rispondere a certi imprescindibili criteri logistici: una ricca presenza d’acqua, una posizione che potesse garantire il controllo della via fluviale e dell’area sottostante; un cospicuo strato di roccia facilmente scavabile.
I costoni del parco si presentano come un unico, immenso villaggio ingrottato, forse un insieme di villaggi correlati tra loro, alla stregua di una moderna megalopoli con le sue città satelliti.
Abbiamo dato ampiamente notizia, su queste pagine, del ritrovamento di un’interessante tomba preistorica sul lato opposto dell’ “occhio del drago”.
Oggi ne presentiamo delle altre, segnalate da Alessio Gavini e Giambattista Pisasale, riscontrate durante la sistemazione di alcuni sentieri.
Si trovano lungo il costone ripido che dai rilievi di Scordia Alta discende sino all’alveo del Cava, guardando a SE il cimitero nuovo.
L’accesso al primo ambiente, di non facile adito a causa dell’altezza e della ripidità della parete sul quale è stato ricavato, presenta un’apertura sviluppata orizzontalmente con un andamento leggermente curvilineo sul lato superiore: una sorta di semilunetta. Da questo si accede ad un sistema di ambienti tra i quali spicca un grande vano squadrato principale. Alle sue pareti si notano una teorie di nicchie, variamente dimensionate e segni di altri lavori, forse di allargamento: probabilmente siamo al cospetto di riutilizzazioni bizantine di un ingrottato arcaico o preistorico. La cosa non si pone in contrasto col contesto rupestre circostante, già schedato come appartenente alla fase bizantino-altomedievale.
La relativa “pulizia” dei locali, specie sul piano di calpestio, lascia poche speranze circa l’eventuale evenienza di visite ed utilizzi, certamente diversi da quelli auspicabili, in epoche recenti.
Proseguendo sullo stesso costone e piegando decisamente verso S, si giunge all’altro sistema di ambienti scavati. Per alcuni di essi l’accesso è al momento impedito da barriere murarie e vegetali.
L’unico più facilmente raggiungibile, con adito seminascosto dalla vegetazione e dalle pieghe della roccia, presenta una pianta vagamente trilobata, composta da un vano principale ed una piccola “pertinenza” che si apre sul lato a N. Le dimensioni sono assai minori rispetto all’ambiente precedente, mentre l’accesso è sviluppato in verticale. Una nicchia di discreta altezza , e scarsa profondità, sembra ricavata su una piega della parete di fondo del vano principale, anch’ esso ben ripulito e livellato. Su alcuni brani del prospetto esterno sono evidenti numerose tracce fossili: indizio inequivocabile della natura organica del costone roccioso.
Sempre vigili e puntuali nel raccontare ogni novità che interessa il Parco Cava-Grotta del Drago, restiamo in attesa di resoconti più approfonditi ed esaustivi, invitando i lettori a seguirci in questo cammino ricco di interessanti e fascinosi risvolti.
GINO CALLERI