Conclusa l’iniziativa culturale “Chi çiauru di ineṭṛa” con una tavola rotonda sulla poesia.
0Si è tenuta ieri pomeriggio, nel salone di rappresentanza di palazzo Modica, davanti ad un poco numeroso ma molto interessato pubblico, “Poesis mirabilis amica”, una tavola rotonda sul valore della poesia. Dopo una settimana in cui si è molto parlato di poesia, “abbiamo voluto darvi una risposta al perché, secondo noi, la poesia è così importante”, come ha detto Sebastiano Cristaudo, l’autore del libro ispiratore della manifestazione, nei suoi saluti iniziali.
Moderatore della chiacchierata è stato il prof. Giovanni Amore, docente di italiano e latino presso il liceo “Majorana” di Scordia, che ha coordinato gli interventi di don Matteo Malgioglio, biblista e parroco presso la parrocchia S. Domenico Savio di Scordia, del prof. Antonino Crimaldi, docente di filosofia presso l’università di Catania, e del prof. Antonio Di Silvestro, docente di filologia della letteratura italiana presso l’università di Catania. Dovevano intervenire, ma non hanno potuto, la prof. Tecla Savio, docente di psicologia, e la prof. Maria Tomarchio, docente di pedagogia. Gli ospiti hanno argomentato sul valore della poesia nei diversi ambiti umani, quali la fede e le Scritture, la filosofia e la lingua.
Introdotto dal prof. Amore, don Malgioglio ha cominciato la discussione, parlando della presenza della poesia nella Bibbia e, quindi, dei diversi salmi. “La poesia ha un vantaggio rispetto alla prosa: si avvicina all’esperienza profetica”. Infatti, “Il poeta ha un punto di vista che non è suo, ma è un altro più profondo”. Questo è dimostrato nella Scrittura: “La poetica biblica è una perfetta sintesi di questo incontro tra l’esperienza umana, che egli racconta, e l’ispirazione divina, che lo induce a scrivere”. Ha, inoltre, chiarito che “la poesia ha anche una funzione didattica, perché rende il lettore migliore di prima”.
Il prof. Crimaldi, invece, ha cercato di argomentare sul ruolo della poesia nel pensiero filosofico. “La filosofia ha all’inizio rifiutato l’arte e la poetica, considerate imitazione fasulla, tuttavia ha recuperato nel corso del tempo la sua dignità” perché “la poesia diventa per qualche filosofo conoscenza dell’individuale, che ci fa conoscere le radici dell’umanità del poeta”. Ha, infine, ripreso il discorso, cominciato da don Malgioglio, sulla funzione pedagogica della poesia. “Una volta la lingua collettiva era uniforme e comunicante; oggi, con la ‘Babele’ delle lingue, il poeta deve anzitutto individuare la lingua più consona a ciò che vuole comunicare”. È, infatti, compito della poesia “recuperare alla parola la sua capacità di significare, non rendendole vittime della manipolazione linguistica”. La poesia assume, infine, un valore molto educativo e didattico in quanto “con le sue parole abitua all’onestà intellettuale e ad altri valori fondanti per una società migliore”.
E dal linguaggio scelto da Sebastiano è partita l’argomentazione del prof. Di Silvestro, che ha precisato che, scegliendo il dialetto per la sua poetica, “Sebastian ha fatto una scelta inattuale per iuna società in cui non vi è una comunità”. Ma, del resto, il linguaggio poetico “è un crocevia: o ci si presta a scopi commerciali utilizzando un linguaggio che attiri i più, o ci si abbandona ad una scelta inusuale che, tuttavia, esprime al meglio il proprio io poetico andando al cuore di coloro con cui il poeta vuole interloquire”. Ha spiegato, inoltre, come Sebastian usi spesse volte il ‘tu’: “il ‘tu’ nella poesia non è singolare, ma racchiude in sé numerosi tu”, infatti, “se si vuole fare poesia, è necessario cercare un linguaggio che miri verso l’altro”.
Concludere l’incontro è toccato allo stesso autore, Sebastian Cristaudo, che ha ringraziato tutti quelli che hanno collaborato all’organizzazione dell’incontro, ha ringraziato gli ospiti e salutato gli intervenuti. Ha poi precisato che nel suo libro egli sintetizza un compendio della sua esperienza poetica. “La mia ‘dispirata spiranza’ e le ‘taliati funnuti’ mi hanno fatto riflettere e ‘comi un firuotu’ ho custodito gelosamente tutte le sensazioni che sono diventate ‘la ma duci puisia’ che fa, intrinsecamente, ‘çiauru di ineṭṛa’. Questa è la mia poesia”.
FRANCESCO AMATO