Meluccia Perticone. Una grande donna di chiesa
0Meluccia Perticone era nata il 4 gennaio 1932 da Carmelo Perticone e da Graziella D’Aquino, primogenita di tre figli. Vivace, intelligente e capace, studiava e aiutava in casa come usavano allora tutte le ragazze. Concluse gli studi dopo aver acquisito la Licenza di Scuola Media da “esterna”: infatti, allora a Scordia le scuole pubbliche. Le Sue giornate erano dedicate, come quelle delle coetanee, alla preparazione del corredo e alla cura della casa; quest’ultima incombenza, la assorbiva sempre più, poiché la madre era impiegata presso l’ufficio postale di Scordia.
Andando avanti con gli anni, crescevano gli impegni in famiglia; infatti andati in pensione, i genitori ormai soli in casa riversavano su di lei le loro attenzioni e pretese.
Meluccia, che aveva frattanto orientato i suoi interessi verso la Chiesa, ha così dovuto spesso lottare per trovare i necessari spazi per il servizio ecclesiale, pur non avendo mai trascurato i doveri filiali.
Rimasta sola per la morte dei genitori, ha potuto dedicarsi a tempo pieno e con crescente impegno alle attività parrocchiali, tanto che dai suoi familiari ha meritato scherzosamente l’appellativo di “vice parroco” di San Rocco.
L’adesione di Meluccia all’Azione Cattolica si è realizzata nel vero senso della parola in azione. Meluccia ha vissuto la sua missione da vera azionaria. In molti la ricordano sempre in movimento e non solo all’interno dei confini parrocchiali, ma in tutto il territorio di Scordia per fare conoscere la via associativa e l’ACR. Negli anni ‘80 e per lungo tempo Meluccia ricoprì il ruolo di presidente parrocchiale dell’AC, e proprio in quell’epoca i primi ragazzi di Scordia partecipavano ai campi scuola grazie all’invito di Meluccia; quando non era ancora usuale per i ragazzi, andare fuori casa anche solo per qualche giorno, i genitori di allora con fiducia accettavano l’invito…Chi non si fidava di Meluccia? Riusciva a coinvolgere i ragazzi del catechismo in varie attività: organizzava delle vere e proprie squadre di lavoro per la pulizia periodica dei locali della parrocchia, per la visita agli ammalati, per l’organizzazione liturgica e curava anche i ministranti. Meluccia faceva vivere l’appartenenza all’AC come autentico servizio alla Chiesa, che si declinava in relazione a tutti i bisogni reali della parrocchia.
Poliedrica nel suo modo peculiare di servire Dio Padre attraverso il servizio alla Chiesa, Meluccia, ha collaborato in Diocesi, nella gestione dei servizi del Seminario, con una impronta molto materna, colmando i seminaristi di attenzioni e consentendo agli stessi di non soffrire troppo la lontananza dalla famiglia e di prepararsi meglio alla vita sacerdotale.
Se dovessimo identificare Meluccia con due oggetti penseremmo a due strumenti: l’automobile e il telefono, due mezzi preziosi e indispensabili perché capaci di consentire la comunicazione e il contatto fra le persone superando le distanze. Meluccia o era in auto o era al telefono, anche questo era il suo modo di prendersi cura delle persone.
Dalle ragazze Meluccia era vista come un esempio di donna libera e autonoma, tra le prime donne a guidare l’automobile raggiungeva i suoi familiari a Ragusa e Catania, i suoi agrumeti, gli infermi che l’attendevano, distribuiva il settimanale Famiglia Cristiana alle famiglie, accompagnava i giovani agli incontri diocesani e ai campiscuola dell’ACR. La sua auto era un mezzo indispensabile per i suoi continui spostamenti ed era un mezzo al servizio di chi ne aveva bisogno. In occasione della partecipazione ai campiscuola, l’auto di Meluccia diventava un tir (fenomeno inspiegabile anche questo!): vi si caricavano materiali, strumenti, alimenti e ovviamente i partecipanti. Anche quando, ormai avanti negli anni, non guidava fuori dal suo comune, cedeva il posto di guida a qualcuno più giovane e metteva sempre a disposizione le sue cose a partire dalla sua quattroruote. Quando Meluccia ha smesso di guidare e ha ceduto l’auto allora per tutti è stato evidente che la sua dimensione di vita missionaria stava cambiando forma, tuttavia conservava un dinamismo spirituale notevole. Ecco che da quel momento il telefono è diventato per lei strumento indispensabile per mantenere i contatti, per non mancare di prendersi cura degli altri. Meluccia ha rappresentato la “madre spirituale”, la consigliera per tante generazioni. Le difficoltà o i drammi che a lei si confidavano diventavano i suoi drammi, le sue difficoltà; Meluccia sapeva prendersi carico dei problemi degli altri e nelle situazioni più delicate consigliava la preghiera e il silenzio. La profonda stima, la grande ammirazione e l’immenso affetto di tante persone, dimostrano che Meluccia, non solo con le sue catechesi ma soprattutto con la sua vita ha testimoniato la fede.
Al compimento degli ottanta anni, con i prevedibili acciacchi legati all’età, è arrivata la rapida e progressiva perdita di autonomia fisica e non solo, sicché Meluccia ha sofferto per una grave malattia propria della senilità. Non potè più dare agli altri come di sua consuetudine. Chi è andato a farle visita non ha mai sentito un suo lamento o una manifestazione di disprezzo o di rabbia nei confronti della sua condizione. Tuttavia, Meluccia riusciva a parlare continuamente, a monosillabi e tra le poche parole che riusciva a malapena a pronunziare quella che ripeteva più spesso era “la carità”. Quella Carità che ha orientato le scelte della sua vita e che ha generosamente riversato nelle persone che l’hanno incontrata, per brevi o lunghi passi del cammino della vita.
“Tutto è carità” ripeteva instancabilmente Meluccia Perticone. Potrebbe sembrare un binomio casuale ma noi siamo certi che era il suo nuovo modo di rendere lode prima di rendere l’anima a Dio.