Quanto deve costare la democrazia?
4Il dibattito aperto questa settimana sul numero di punti all’ordine del giorno discussi e votati dal consiglio comunale affronta, nel suo piccolo, un aspetto delicato dei costi della democrazia e della libera discussione. Una delibera, un processo decisorio di un organo politico in quanto tempo deve essere licenziato per non gravare sulla collettività? Quanta discussione è necessaria per votare coscientemente (favorevole o contrario). Qual è il livello oltre il quale è solo un’inutile perdita di tempo che inceppa la macchina comunale oltre che gravare in termini di costo sull’Ente. Quando un consiglio comunale (che costa circa 2.400 euro) può essere considerato produttivo? Gli appassionati e gli intenditori di pallone mi correggeranno, ma credo che possiamo affermare che la bontà e lo spettacolo di una partita di calcio non si misura certo dal numero dei goal segnati. Un risultato di 4-3 può dire tanto e niente. Tutto da dimostrare che 7 goal siano il frutto del bel gioco e di una partita spettacolare, potrebbero anche essere (spesso è cosi) il frutto di svarioni difensivi individuali. Per rimanere al caso di specie, sembra del tutto evidente che la produttività di un consiglio comunale non si misuri dal numero di delibere consiliari partorite a fine seduta. Credo che su questo tutti possiamo concordare, poiché non è la quantità piuttosto la qualità e la sostanza della discussione che eleva un civico consesso. La quantità dei punti che si possono trattare e votare, dipende soprattutto dalla “pesantezza” degli argomenti che si devono discutere. E’ anche pur vero che molti consigli comunali di passate esperienze amministrative hanno dato su questo punto il peggio del campionario. Pochi punti affrontati discussi e votati, con lunghi ed estenuanti rinvii. Uno stesso argomento per vedere alla luce una deliberazione del consiglio (positiva o negativa), ha avuto bisogno di ore e ore di lavori consiliari e innumerevoli convocazioni di commissioni e aula. Il regolamento del commercio su aree pubbliche è solo l’esempio più clamoroso rispetto a tanti altri. Nel passato dunque spesso poca quantità e poca sostanza. Per rimanere sempre nel palcoscenico calcistico uno zero a zero scialbo e noioso. E proprio per questo che a mio avviso la lettura che deve essere data su questo delicato tema mi appare articolata e complessa che merita uno sguardo al passato prima di arrivare nella parte finale all’attualità. Nelle consiliature passate (2004/08 e 2008/13), almeno 3 le problematiche che hanno afflitto e deteriorato i lavori del consiglio comunale minandone l’efficienza. Questi i vizi maggiori del passato che si spera non siano reiterati.
Preliminari di seduta. È sempre stato il “vizio dei vizi” dei consigli comunali. La discussione dei preliminari prima che si entrasse nell’ordine del giorno. Interminabili dibattiti che aprivano un contraddittorio lungo anche ore. E magari era già tarda sera, giusto il tempo di toccare un argomento e rinviare il tutto. Spesse volte la lista dei disservizi da comunicare direttamente agli Uffici. Talvolta gli argomenti affrontati nei preliminari interessanti, ma fuori dall’ordine del giorno e come tali non meritevoli di impegnare un’intera seduta programmata per altro. Pensiamo a un cittadino sensibile ad un determinato punto inserito al n. 2 dell’ordine del giorno che assiste al consiglio comunale pensando che quell’argomento sarà trattato a inizio serata. Magari quel punto non sarà trattato non solo in prima, ma nemmeno in tarda serata. Si parla spesso di cittadini lontani dalla politica, del resto che serietà dava la politica di se stessa, non rispettando un semplice e banale ordine del giorno. Si è sempre detto di convocare consigli comunali periodici “ad hoc”, da riservare alle questioni tipiche dei preliminari, magari aperti all’intervento dei cittadini e senza oneri per il Comune. Se non ora quando.
Il ruolo delle Commissioni. Qualsiasi argomento è assegnato alla competente commissione di studio e consultazione, dove sono rappresentate numericamente maggioranza e opposizione. La denominazione di “studio e consultazione” lascia intendere che è il luogo deputato per studiare e approfondire, sviscerare anche con gli uffici tutti gli aspetti più controversi. Non a caso quando si formano le commissioni, si assegnano i componenti delle stesse nei limiti del possibile, in base alle professionalità, attitudini e competenze o semplicemente aree interesse. Alle singole commissioni possono partecipare attivamente alla discussione i capigruppo anche se non membri. Di fatto qualsiasi gruppo consiliare anche se non rappresentato in una determinata commissione, può comunque partecipare attivamente ai lavori. Se la commissione licenzia con un parere una proposta di delibera, ma in aula si riparte dall’inizio a studiare, a che cosa servono le Commissioni consiliari? Nello schema disegnato i consiglieri dovrebbero leggere i verbali dei lavori e poi andare in consiglio per votare, avendo già studiato e consultato in precedenza. Lo schema di gioco attuato in passato non ha funzionato. Diligenza vuole che se bisogna riprendere da capo a studiare, si possono anche cancellare le commissioni dal Regolamento. Per come hanno funzionato in passato le commissioni, sono apparse un inutile doppione utile solo per il jackpot.
Le sospensioni e le mancanze del numero legale. Mi è capitato nell’ultimo anno di vedere in streaming (grazie alle riprese del M5S) qualche spezzone di consiglio comunale. Spesso 4 ore di lavori sono da considerare al lordo per arrivare a un netto effettivo di 2 ore e 30 minuti. Infatti, bisogna sottrarre una sorta di tara rappresentata dai tempi di sospensione. I classici 5 minuti, spesso richiesti dalla maggioranza pro-tempore, che a consuntivo diventavano 30/40 minuti. E che dire dei consigli comunali rinviati perché magari alla ripresa dei lavori si constatava la mancanza del numero legale. Un consiglio comunale che discute ore senza deliberare nulla fa meno paura di un consiglio chiuso per mancanza del numero legale. Responsabilità di tutti i consiglieri (maggioranza e opposizione compresa), ma è indubbio che una maggioranza che ha avuto l’onere e l’onore di amministrare la prima cosa che deve fare in Consiglio comunale sia garantire il quorum costitutivo.
La giusta efficienza di un Consiglio comunale. A modesto parere un consiglio comunale è efficiente se pone l’esigenza di trovare un giusto equilibrio tra opportune e approfondite discussioni e allo stesso tempo non sperperi denaro dei cittadini con lunghi dibattiti. Credo che gli aspetti negativi di passate esperienze che ho elencato siano condivise da tutti e come tali da non ripetere. L’inizio di una nuova consiliatura è sempre il momento giusto per correggere, per azzerare e per ripartire da capo con il passo giusto. In questo senso può essere letto il richiamo del presidente del consiglio, perché non può essere altro e non deve essere altro. Se estremizziamo l’efficienza del consiglio comunale adagiata sul “quantum”, soffochiamo la discussione, il dibattito, i dubbi legittimi su materie complesse che impegnano l’Ente. Francamente da cittadino non mi sentirei garantito da un consiglio comunale che in una seduta e in due orette al lordo di preliminari discute e vota (magari favorevolmente) 10 punti all’ordine del giorno. E’ questo il consiglio comunale che vogliamo perché ci costa poco? Per la loro complessità, (è certamente il caso delle modifiche al piano di riequilibrio pluriennale) ci sono argomenti e deliberazioni che necessitano di un’intera seduta dedicata all’argomento trattato. Perché sono temi complessi già per loro natura intrinseca, perche richiedono chiarimenti degli uffici o del collegio dei Revisori, perche impegnano il futuro del Comune. Di converso ci sono proposte di deliberazioni che possono essere licenziate in 5 minuti. Del resto, se si convoca in urgenza il consiglio comunale, non c’è nemmeno l’alibi della già avvenuta fase di studio e consultazione in Commissione. Riunione propedeutica della Commissione consiliare che non c’è stata. Se estremizziamo “efficienza” coniugata “all’urgenza lust minute”, corriamo un rischio ancora maggiore. Un consiglio comunale non può votare per mera presa d’atto sicter simpliciter della serie….“O si fa cosi entro domani o salta tutto”, perchè se cosi fosse, non si capirebbe il ruolo dei consigli comunali (organi politici), basterebbe un funzionario. Come ho detto lo scorso anno, trattando il tema della funzione residuale della politica comunale, la mera presa d’atto dell’ultima ora non è un atto politico, ma è semplice atto di tecnicismo calato dall’alto.
Consiglieri comunali volontari. La democrazia costa, i consigli comunali pesano sui cittadini. Ma come del resto costano gli Amministratori (Sindaco e assessori) e presidente del consiglio compreso. Per questo non è ammissibile, ancor meno in questa situazione di crisi, lo sperpero di denaro per riunioni che fossero ritenute infruttuose. E’ evidente che è sperpero di denaro un consiglio comunale che lavora poco e male, com’è sperpero il personale dell’Ente che lavora poco e male. Se il problema è il costo dei consigli comunali in parte potrebbe essere risolto. Il mese di settembre è stato caratterizzato dal volontariato di associazioni di vario ordine e grado. Ciascuna ha donato alla collettività il proprio tempo libero. Se il volontariato vale per i cittadini che aderiscono alle associazioni, può forse valere anche per i rappresentanti comunali. Il consigliere Aristodemo proponeva in questo momento difficile per il nostro Comune di rinunciare al gettone di presenza. Basterebbe anche meno, i consiglieri potrebbero prendere il gettone di presenza per il consiglio comunale di prima convocazione. Mentre per i consigli convocati in prosecuzione (ad esaurimento dei punti all’ordine del giorno), rinunciare allo stesso emolumento. Sarebbe un bel modo per sgombrare il campo dal minimo sospetto che si convocano consigli infruttuosi che non producono nulla, se non il gettone monetario e conseguentemente un costo certo per le casse comunali. In siffatta ipotesi una seduta conclusa con rinvio per chiarimenti o maggiori approfondimenti non si potrebbe prestare in alcun modo a congetture.
FRANCESCO GHERARDI