Riflessioni in tempo di Coronavirus
0Un canovaccio, è solo un canovaccio, uno di quelli che la mia mamma utilizza spesso per avvolgere qualcosa da mangiare che ha preparato per mandamelo a casa.
L’ultima volta in uno di quei canovacci, a quadretti bianchi e rossi, mia madre ci aveva avvolto la scacciata ed era stato pochi giorni prima che, per via del coronavirus, ci venisse detto di restare a casa.
Non ho avuto modo di restituirlo quel canovaccio ma, anche se lo avessi avuto, non lo avrei fatto. Adesso che non è possibile vedersi, in un modo o nell’altro, quel drappo da cucina lo utilizzo tutti i giorni e in quei riquadri casalinghi ed usurati dal tempo e dalle tante pietanze avvolte in quella stoffa, sento vicini i miei genitori che, nonostante vivano praticamente a pochi passi da casa mia, non vedo fisicamente dal 7 marzo. Se per i più poetici gli oggetti accorciano le distanze, concretamente non assolvono a questa funzione quanto le insostituibili videochiamate che, in questi giorni, stanno tenendo compagnia a tutti ma soprattutto a chi affronta la quarantena in solitudine.
Ci manca la nostra routine ma non sarà semplice, quando questo incubo sarà finito, tornare alla vita di sempre.
Intanto perché tutto non finirà dall’oggi al domani, sarà un processo graduale che non ci consentirà di riversarci sulle strade ad abbracciare chiunque come spesso, ingenuamente forse, qualcuno scrive sui social. No, non andrà così. Sicuramente ci saranno nuove ondate di contagi e, finché non si avrà una buona percentuale di immunizzati nella popolazione, il virus continuerà a circolare anche se in maniera più blanda.
Utilizzeremo le mascherine e i guanti per un bel po’ e inorridiremo nel vedere assembramenti nelle piazze o in uno studio medico o in farmacia o al supermercato.
Guarderemo l’altro con paura e continueremo a “vedere” il nemico invisibile ovunque. Sarà così per parecchio tempo perché ciò che stiamo vivendo è, inevitabilmente, motivo (più che lecito) di trauma sociale.
Eppure proprio la paura, talvolta, ci fa avere comportamenti contraddittori. In un momento in cui ci sembra ovvio e confortante nascondere il sorriso, la gioia, la tristezza, le emozioni con una mascherina che limita il contagio ma che ci rende tutti uguali: Spaventati, meno curati, sfuggenti, sfiduciati, proprio in questo momento ci aggrappiamo a qualsiasi cosa abbia parvenza di punto di riferimento. Così dilaga quella ormai nota come infodemia, un’ondata di bufale sulla rete. Crediamo infatti a fake news e falsi moralisti basta che ci diano speranze o nei quali vediamo il riflesso e la spiegazione alla nostra paura. E allora da un lato la ricerca spasmodica di notizie e la monotematicità sui social, e ovunque, sul coronavirus dimostrano la paura nei confronti di esso, dall’altro questi stessi elementi ci portano a un distacco, quasi ad un rifiuto. È anche vero che la percezione collettiva del rischio non sempre corrisponde alla reale possibilità che l’evento rischioso si verifichi! è, appunto, una percezione e dipende da quanto ci si senta distanti dalla condizione stessa!
Tendiamo spesso a pensare che “tanto succede solo agli altri” e forse questo è un modo per sopravvivere a situazioni catastrofiche, per andare avanti senza farsi sopraffare dal terrore. A volte, tuttavia, questo atteggiamento è controproducente perché ci porta a minimizzare e a mettere in pratica soluzioni sbagliate in alcune circostanze.
In questo momento, minimizzare sull’importanza della prevenzione può far considerare irrisoria una uscita “di troppo” o la non osservanza di regole e misure di sicurezza.
Almeno chi, come me, è nelle condizioni di farlo, anche e soprattutto perché categoria a rischio, per favore restiamo a casa per il bene nostro e della collettività. Per il bene di chi deve recarsi al lavoro senza poter scegliere di non farlo.
Siamo tutti possibili veicoli e abbiamo l’obbligo di proteggere noi stessi, le categorie a rischio e gli altri in generale.
Non possiamo permetterci di allentare la presa proprio adesso. Non abbiamo evidenze su riduzioni dei contagi, anzi! Facciamo questo sacrificio, per il bene di tutti. Chi può, resti a casa.
TANIA CATALANO