Cronaca di una “tragedia” a posto unico. La fondazione Inda festeggia 100 anni.
0Che Siracusa stia celebrando un anno tra i più importanti del secolo lo si intuisce già all’ingresso della città.
Basta entrarvi per vedere centinaia di bandiere sventolare sulla strada, drappi festosi che conducono i ben 5000 spettatori fino al Teatro Greco per la giornata dello spettacolo a “Posto Unico”, il più economico, il più partecipato.
Lungo il tragitto si capisce già di arrivare in un luogo importante, e in un momento importante.
C’è folla, ma non è fatta di persone simili o quasi uguali, non è come l’attesa ai concerti rock: a far coda ai cancelli del Teatro ci sono i turisti stranieri e del Nord Italia, c’è il trio di amiche settantenni, la rumorosa comitiva del liceo, c’è la famiglia con i cuscini sotto braccio, c’è la coppia di cultura silenziosa e appartata che attende solo il dramma, c’è il prete trentenne, la donna incinta, ci sono i signori con la stampella e i disabili in carrozzina, i teenager che scherzano con i simpatici quarantenni e i giovani, tanti giovani.
Tutti insieme aspettano l’apertura, ci si può sedere dove si vuole, molti corrono per avere il posto migliore, magari in prima fila nel settore A, aspettando d’esser rapiti dalla scena di Eschilo a pochi passi dal suo dirompente svolgersi. Muniti di cappello per ripararsi dal sole non è un utopia avere la fortuna di un primo posto, con soli 26 euro quello spettacolo pieno di emozioni di ben due ore si può vedere da molto vicino, ed è ancora più coinvolgente.
Per chi non lo avesse ancora capito che la Fondazione INDA in questo 2014 ha compiuto cento anni, c’è la platea ad evidenziarlo: sono in migliaia ad intonare più volte in attesa dell’inizio “tanti auguri a te! tanti auguri a te!”, cantano e applaudono gioiosamente come accade al compleanno del nostro miglior amico.
L’intraprendente pubblico della «ola» è lo stesso che, una volta iniziata la tragedia, rimane ad occhi aperti e bocca chiusa, dalla prima vampa di fuoco che accende la scena, fino all’ultima battuta degli dei e alla conseguente ripetuta serie di standing ovation.
La prima ad essere messa in scena dall’ Istituto Nazionale del Dramma Antico – nel lontano 16 aprile del 1914 – fu l’Agamennone, l’opera che introduce la trilogia dell’Orestea che si completa con le Coefore e le Eumenidi, l’unica tra le trilogie del teatro greco classico integralmente sopravvissuta e quella con cui il tragediografo Eschilo vinse nel 458 a.C. le Grandi Dionisie.
Nel 2014 il senso dell’autore non risulta affatto sbiadito, attuale come decine di secoli fa è il patos del confronto tra le parti che pretendono di dire cosa giusto è e cosa non lo è. Altrettanto attuale è il dibattito odierno su quanto la legge rispetta la più alta etica morale. Tutt’oggi attuale è il malcontento popolare verso coloro che avendo commesso reati, anche gravissimi, non ricevono condanne esemplari.
Attuale, è ancora, il desiderio di giustizia.
Meno corrispondente alla nostra contemporaneità è il tempo della tragedia, i cui fatti, delitti e processi, iniziano e finiscono nell’arco di 24 ore. Non altrettanto saldo – come in origine invocava Atena – è l’istituto della giustizia, pungenti sono le serpi della corruzione e della burocrazia contemporanea che hanno condizionato l’andamento di processi mai finiti con il loro naturale senso del giudizio e che sono caduti e cadranno in prescrizione. Di certo risulta più significativo nella tragedia che nella presente società dell’astensionismo anche il rispetto e il senso dato al voto, anche ad un solo voto, che solo i migliori nel V secolo a.C. erano onorati di esprimere e che – secondo quanto narrava Eschilo – poteva cambiare il destino della società del futuro.
Per i 100 anni dell’INDA con le “Coeforere – Eumenidi”, tutti gli spettatori hanno avuto l’opportunità di assistere alla nascita della giustizia e della sua fisica istituzione fondamentale, il primo tribunale della storia umana e civile.
Ad istituirlo fu Atena, dea della saggezza, chiamando al voto i cittadini ateniesi (tra i migliori) per giudicare Oreste, figlio di Agamennone e di Clitemnestra. Oreste è colpevole di matricidio, un atto che ha commesso per vendicare il padre a sua volta ucciso dalla madre.
Momenti di tensione, inganni, complicità, minacce. Amore materno contro amore paterno.
Un figlio che sfodera la spada contro una madre. Una madre che per difendersi sfodera i propri seni al figlio per ricordargli di averlo nutrito, dentro e fuori dal proprio grembo.
Oreste, sotto gli occhi delle Coefore e degli spettatori tutti, spiega e compie il suo delitto. Poi chiede l’assoluzione ad Atena e aspetta il giudizio, difeso da Apollo e attaccato dal coro delle Erinni, divinità vendicatrici.
Quella di Eschilo è una tragedia senza soste, in cui la morte semina la morte, la vendetta alimenta la vendetta, l’odio e il rancore si trasformano in una insana giustizia, e la giustizia poi, solo alla fine, si trasforma in civiltà.
Sulla bilancia – allestita come l’intera scena dallo scultore Arnaldo Pomodoro – i voti sono pari, decide Atena: la dea della saggezza assolve Oreste, per porre fine ad una giustizia praticata secondo un principio di vendetta, Atena persuade le adirate Erinni trasformandole in benevole Eumenidi attraverso il solo uso della sua pacata ragionevolezza.
Quelle donne che erano nere dentro e fuori si lasceranno ricoprire da un drappo rosso e contribuiranno alla costruzione di una migliore civiltà, quella della saggezza di Atena.
Per la prima volta e con l’auspicio dell’eternità i propositi di vendetta vengono espulsi dal senso di giustizia.
I festeggiamenti per il compleanno dell’INDA continueranno fino al 22 giugno con la messa in scena dell’Orestea di Eschilo e delle Vespe di Aristofane. Per maggiori informazioni sugli orari e i biglietti degli spettacoli basta consultare il sito web della fondazione INDA (www.indafondazione.org).
EGLE ZAPPARRATA