Lettere al direttore
16Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera inviata da Franco Tambone, avvocato, giornalista e coordinatore della locale sezione del Pd scordiense
Caro direttore,
in questo momento di grave difficoltà per l’Europa, e l’Italia in particolare, le lacrime del ministro Fornero ci riportano ad una dimensione politica da tempo perduta.
Una lettura sbrigativa tende a liquidare il governo Monti come imposto dai mercati a dai poteri forti, capaci di mettere all’angolo la politica. In realtà in questi anni la politica all’angolo ci si è messa da sola, ma è più facile la via dell’autoassoluzione piuttosto che quella della responsabilità, scaricando su entità non ben definite la propria incapacità politica, caratterizzata dalla paralisi e dalla eterna sospensione di ogni minima decisione.
Dopo tangentopoli la nuova classe politica ha avuto quasi vent’anni di tempo per realizzare le riforme promesse in ogni campagna elettorale. Quelle riforme che avrebbero potuto dare competitività al sistema e che sarebbero state in grado di coniugare sviluppo economico con la garanzia per il lavoro, i salari e le pensioni.
Se la rivoluzione liberale promessa da Berlusconi si è persa nelle leggi “ad personam” e nel gossip politico non è andata meglio al centrosinistra. Come non ricordare le enormi difficoltà incontrate da Bersani, ministro dello Sviluppo economico al tempo del governo Prodi, in occasione delle sue famose “lenzuolate”. Non c’è stata categoria che non abbia protestato contro il piano di liberalizzazioni: benzinai, farmacisti, ordini professionali, persino le compagnie telefoniche contrarie all’eliminazione degli inutili costi di ricarica. Famosa la protesta guidata da Alemanno a fianco dei tassisti contro la liberalizzazione delle licenze. Il centrodestra ci guadagnò la vittoria alle elezioni a sindaco di Roma, a perdere fu il turismo con le tariffe rimaste tra le più alte d’Europa secondo un’indagine dei Touring Club d’Europa.
Ognuno trovava delle buone ragioni perché si iniziasse a riformare i diversi settori economici purché non fosse il proprio. Alcune misure vennero adottate, ma altre si arrestarono di fronte alla caduta del governo. Per non parlare della pubblica amministrazione: giustizia lenta, liste d’attesa nella sanità insopportabili, tempi di realizzazione delle opere pubbliche biblici, investimenti in Università e ricerca pari a metà della media europea, e così via dicendo.
Se guardiamo alla nostra più piccola realtà locale il quadro non sembra tanto diverso. Le buone intenzioni declamate in campagna elettorale hanno presto ceduto il passo alla necessità di mantenere gli equilibri politici e la sopravvivenza al governo della città. Nessuno slancio, nessuna idea e una voragine che si è aperta tra i cittadini e chi si è assunto l’onere di amministrare la città. La strada che stiamo percorrendo è quella della costruzione paziente e generosa, di una alternativa credibile, di una maggioranza solida intorno ad un progetto di città che segni una svolta con un metodo di governo capace di colmare quella voragine.
Credo che, ormai, debba essere chiaro a tutti che non c’è più né il tempo né lo spazio politico per vecchi bizantinismi e riti che rischiano di essere un ostacolo rispetto alla concretezza dei problemi che vive una città. L’immobilismo che stiamo vivendo ne è la prova.
Il superamento di personalismi ed ambizioni personali a favore di un progetto più ampio e capace di incidere sul tessuto vivo della città dovrà essere l’obiettivo che deve muovere chi ha responsabilità politiche, affinché anche a Scordia la politica recuperi il suo ruolo di indirizzo e non venga tutta posta in quell’angolo dell’indistinta delegittimazione.