L’inflazione dell‘offerta politica nel periodo delle tante crisi.
0L’inflazione dell‘offerta politica nel periodo delle tante crisi.
Crisi economica, crisi finanziaria, crisi dei partiti e del sistema politico generale, debiti e crisi al Comune. La parola crisi è uno dei termini più in uso negli ultimi anni per descrivere questo periodo. La crisi politica in atto non ha però determinato una “crisi di vocazione” di aspiranti consiglieri e politici locali. Del resto la prosperità di candidati è la causa e allo stesso tempo l’effetto della suddivisione politica. Che il nostro sistema sia eccessivamente frammentato e diviso è cosa già vista e risaputa. Pensare o solo attendersi che nelle elezioni comunali ci potessero essere due proposte amministrative sarebbe stato chiedere troppo. Avere magari tre o quattro piattaforme programmatiche sarebbe stato auspicabile oltre che realistico e rispondente al panorama nazionale attuale. Invece nulla di tutto questo, se si è arrivati a 7 aspiranti Sindaci (potevano essere 9), più che una piccola anomalia è sembrato il classico gioco del “tutti contro tutti”. Sui candidati Sindaci si è detto molto, per questo motivo questa disamina la dedicheremo al consiglio comunale e alle elezioni viste nel loro insieme. Il tutto non dimenticando il quadro generale entro il quale si muovono i Sindaci nell’attuale cornice economica degli Enti Locali Italiani.
Le liste e i candidati al consiglio comunale. In materia di affollamento, se lasciamo gli aspiranti alla fascia tricolore per passare al consiglio comunale le cose non vanno meglio. Ben 12 liste (la quasi totalità civiche) sono forse un numero eccessivo. Registro che nonostante lo sbarramento del 5% previsto dalla nuova legge, il numero delle liste si mantiene sempre sostanzioso. Poteva andare meglio (o peggio), infatti, alla vigilia della presentazione delle candidature, erano in lizza almeno altre 2 liste. In fondo questa è la prova che da sole le regole e le leggi elettorali in se non bastano. Inutile dire che una parte di queste liste, rischia di rimanere fuori dal consiglio comunale per via dello sbarramento e della dura legge del perdente. (rovescio medaglia del gratta e vinci). Per le comunali è del tutto evidente che ci sono due livelli temporali di campagna elettorale. La seconda è quella ufficiale delle elezioni che si rivolge a tutti gli elettori e inizia il giorno dopo la presentazione delle liste. Sembra appurato che la stessa è sempre preceduta da una prima campagna elettorale che definirei di reclutamento (non meno importante), operata dagli addetti alla politica nei confronti dei loro potenziali elettori che diventano essi stessi candidati. A giudicare dai risultati, ben 238 candidati, questa prima campagna elettorale conclusa il 15 maggio, è stata tutto sommato parecchio persuasiva e vincente. Che le persone s’interessano alla politica attiva è sempre un indice positivo, ma contestualmente osservo che alla politica non bisogna solo interessarsi ogni 5 anni con una candidatura. Tutti hanno il diritto di candidarsi e di provarci, ma obiettivamente di questi candidati quanti supereranno i 15 voti, firmando solo una candidatura di presenza. Una buona metà si attesterà su queste cifre che gli addetti ai lavori (i professionisti delle preferenze) definiscono i classici “voti della famiglia”. A riscontro oggettivo del fatto che i candidati alla carica di consigliere comunale sono tanti, mi limito a riportare un solo dato statistico. A Catania i candidati per il consiglio comunale sono circa 610, la città registra 295 mila abitanti. Il rapporto tra candidati e abitanti è dunque di un aspirante per ogni 483 cittadini residenti. A Scordia invece abbiamo un aspirante consigliere per ogni 72 abitanti (17.250 abitanti per 238 candidati). L’auspicio è che da questo numero eccessivo di candidati, possa quantomeno scaturire l’elemento positivo di alta partecipazione al voto e di una discreta affluenza alle urne.
La probabile risposta degli elettori. Troppo spesso quando ci rechiamo al seggio più che una scheda elettorale ci viene consegnato un “lenzuolone” che facciamo fatica anche a ripiegare. Questa purtroppo, una patologia del sistema che si riscontra in molti comuni. Mi sembra concreta la difficoltà che avranno alcuni elettori a esercitare il loro diritto di voto, tra preferenza al consigliere e voto al Sindaco, non dimenticando la possibilità di voto disgiunto e la doppia preferenza di genere. Un elettore che ha una conoscenza media della politica e dei fatti amministrativi di questa città, quale metro o bussola dovrà e potrà avere da un affollamento colorato, mimetizzato e mescolato. In siffatta situazione la suddivisione di partiti e liste viaggia a doppio binario nel doppio senso di circolazione. Ad un’eccessiva frammentazione dell’offerta politica da parte di chi si propone (gli addetti ai lavori), è spesso associata anche a una risposta da parte dell’elettorato che frazionerà il proprio consenso anche per schemi personali e familiari. Spesso è questo l’unico metro di valutazione in assenza di altri opachi e offuscati. La condizione data ai nastri di partenza credo che ci consegnerà inequivocabilmente un candidato vincitore con una bassissima percentuale rispetto ai cittadini aventi diritto e votanti al primo turno. Con 7 candidati alla carica di Sindaco sembra verosimile che la somma tra i due candidati più votati che andranno al ballottaggio non farà nemmeno il 45%. Se la sommatoria dei voti tra il primo e il secondo classificato si attesterà ben sotto la metà dei voti validamente espressi (circa 10 mila dalla serie storica), il sistema politico Italiano e paesano presenta dei problemi di rappresentatività. E’ molto probabile che tra il primo e secondo turno, terminato l’effetto affluenza consiglieri, ci possa essere una percentuale di astensione maggiore rispetto ai livelli di calo fisiologici tra il 1° e 2° turno. In questo schema (tanti sindaci e fattore mescolanza) è presumibile che il Sindaco eletto al ballottaggio sia votato solo da una parte degli elettori votanti al primo turno. Questo in parte era già accaduto alle scorse elezioni del 2008, quando Angelo Agnello fu eletto Sindaco con 3.825 voti. Giova ricordare che al primo turno avevano espresso voti validi per la carica di Sindaco oltre 10 mila elettori (10.340). Di fatto, il Sindaco fu determinato dal solo 37% degli elettori che avevano partecipato al primo turno.
Il menù già pronto scelto da altri protagonisti. E’ da premettere che i programmi anche quelli con gli uccellini che cantano, camminano sempre sulle gambe delle persone che dovranno attuarli. Fatta questa premessa dobbiamo chiederci quanto di proposta e identità in questi poli amministrativi. Ci sono veramente 7 proposte per la città tutte differenti tra loro, oppure non è forse il trionfo di personalismi, individualismi o nella migliore delle ipotesi di legittime aspettative personali? Buoni i programmi e la relativa magnificazione, ma molte decisioni che riguardano i Comuni si prendono altrove. In misura sempre maggiore i Sindaci sono degli esecutori materiali di decisioni prese sulle loro spalle. Quest’argomento delle scelte adottate all’origine da altri attori, meriterebbe una lunga riflessione autonoma. In questa sede voglio solo citare come madre di tutti gli esempi, il patto di stabilità. Quella regola che impedisce a tanti Comuni, anche quelli cosiddetti virtuosi, di spendere risorse disponibili. L’assurda regola che non distingue tra buoni e cattivi, che soprattutto ne impedisce anche la buona spesa per investimenti. Non a caso da diversi anni si parla sempre più spesso di Sindaci chiamati a fare i gabellieri e contestualmente con una brutta espressione i “tagliatori di servizi”. In questo scenario i primi cittadini sono per certi aspetti l’anello debole del sistema politico-istituzionale. Su questa cornice generale valida per tutti i Comuni, occorre poi ricordare la peculiarità che riguarda la nostra città. Scordia sarà per i prossimi anni in uno schema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Ultima decisione in ordine temporale l’aumento delle aliquote IMU al massimo di legge. Molte scelte sono imposte dai vincoli, patti di stabilità, piani di riequilibrio del passato e decisioni già prese a monte in altre sede e livelli governativi superiori. Decisioni prese da quegli stessi partiti scomparsi dal campo di gioco e dalla scheda elettorale. Scomparsi per manifesta impopolarità.