Nel nome di Scordia. Ipotesi sull’origine del nome della nostra città.
0Nonostante il torpore che come una muta coltre opaca è stato steso sull’argomento, la questione delle origini del toponimo Scordia è ben lungi dall’essere risolta.
Torniamo, dunque, su questo tema riproponendo qualche stralcio dell’ intervento che pubblicammo su Ipsilon, edito dal Museo Civico ed Archivio Storico “De Mauro”, nell’ anno 2010, possibilmente cercando di arricchirlo con qualche modifica e dando nuovi spunti di riflessione e ricerca.
Negli ambienti filologici di pertinenza sembrerebbe accettata l’ipotesi che il toponimo Scordia derivi dal greco Skordion, significante aglio, stando ad indicare una florida presenza di tale pianta sul nostro territorio.
L’assonanza tra i due termini è altresì palese e questo basterebbe a scongiurare ulteriori ricerche e la formulazione di nuove teorie.
Ma la lettura di una delle più note tragedie di Eschilo (Le Etnee) e l’esame di alcune antiche carte geografiche della Sicilia possono suscitare, all’occhio attento, nuovi interrogativi e ulteriori ipotesi di ricerca che qui si vorrebbero suggerire.
Già a partire dalla prima metà del XV sec., in una Sicilia dai tratti molto approssimativi è possibile riscontrare toponimi assai familiari: Palagonia, Mineo, Lentini. Più tardi appariranno anche Militello, Oxini e Licodia.
Ancora nel XVI sec. Scordia risulta assente mentre in una vasta zona limitrofa al biviere di Lentini viene riportato, in grande evidenza, il termine XUTHIA.
Questo mitico toponimo soleva indicare la terra in cui lo stesso Diodoro Siculo (una delle fonti storiche siciliane più autorevoli e sfruttate) localizzava il regno di Xuto, uno dei figli di Eolo che, abbandonata la propria patria (le Eolie), venne a creare un prospero dominio proteso su gran parte dell’attuale regione meridionale della provincia di Catania. In pratica l’odierno Calatino.
Diodoro, infatti, ci dice che questo regno occupava una vasta area immediatamente a sud di Lentini, dalle sponde del Biviere sino alle prime propaggini iblee e probabilmente cinto, ad ovest dalla cortina degli Erei.
Non è da escludere che a questa delimitazione lo storico siculo fosse pervenuto anche grazie alla lettura delle Etnee di Eschilo, opera commissionata dal tiranno siracusano Ierone per magnificare la fondazione di Aitna (presumibilmente Catania), avvenuta tra il 476 e il 475 a.C.
Un’attenta analisi della tragedia lascia pochi dubbi sulla localizzazione dei fatti narrati che non può prescindere dalle zone a sud del Mongibello.
I continui riferimenti al mito dei Palici, che ebbe il suo centro sacro proprio sulle sponde dell’ormai scomparso Lago Naftìa, nei dintorni di Mineo, avvalorano ulteriormente i suggerimenti provenienti da autorevoli e competenti ricercatori che la vorrebbero all’interno dell’area calatino-lentinese (tra questi V. La Rosa e L. B. Brea).
In altri termini, siamo dalle nostre parti.
Ogni ipotesi, però, che voglia assurgere a dato incontestabile ha bisogno delle necessarie controprove, in genere fornite dall’indagine archeologica.
Se Xuthìa indicava un regno di origine eolica/italiota, in qualche luogo dovevano trovarsi reperti che a quel mondo, a quelle culture rimandavano: abitazioni, tombe e vasellame corrispondenti a determinati codici stilistici (capanne rettangolari, sepolture entro grandi contenitori di terracotta, oggetti domestici con peculiari decorazioni).
Sinora gli unici siti che hanno soddisfatto tali requisiti sono il Colle della Metapiccola, a Lentini, area indicata dal Bernabò Brea quale sede dalla capitale eponima del regno e la C.da Molino della Badia presso Grammichele dove il grande La Rosa sembrava deciso a porre la mitica città perduta.
Siamo ben lungi dal porci in contrapposizione o, addirittura, al di sopra di tali personalità, ma alcune riflessioni pensiamo vadano comunque fatte.
Molte delle antiche carte geografiche visionate mostrano palesemente la contemporanea presenza dei toponimi Xuthìa e Lentini, in zone vicinissime ma ben distinte. Cosa che ci pare quantomeno singolare se volessimo sposare la prima ipotesi; tranne nel caso in cui i cartografi abbiano voluto riportare, insieme alla eventuale capitale del regno (Lentini) anche la sua zona di influenza (la chora di matrice greca).
A conforto delle nostre perplessità giunge la lettura di un prezioso saggio di A. Coppola col titolo” Archaiologhia e propaganda:i Greci, Roma e l’Italia” che sembra avvalorare le nostre stesse perplessità in quanto due parti del dramma di Eschilo si svolgevano a Etna, una a Xutia, una a Lentini e una a Siracusa.
Un passo di Diodoro testimonia che sul territorio di Lentini regnò un tempo il re Xuto, figlio del re dei venti Eolo e tale territorio mantenne il nome di Xutia.
Una polis Xutia è velocemente citata in Filisto e che se Xutia è di certo il territorio di Lentini, stante a Diodoro, è difficile che lo storico Filisto abbia così indicato la stessa città di Lentini.
Nell’ ipotesi della tragedia vengono menzionate tanto Lentini quanto Xutia, come località diverse.
Torniamo all’esame cartografico.
Seppur in presenza di folte tracce di antichissimi insediamenti (Cava, Loddiero, Montagna), Scordia “esordisce” nelle carte geografiche solo a partire dalle ultime fasi del XVII secolo e svariati anni dopo la ri-fondazione voluta dal Principe Antonio Branciforte.
Del 1677 è una carta di Morelli Gabriele che riporta il toponimo Scordia, mentre sparisce Xuthia. Quest’ultima riappare, in modo quasi eclatante per l’ubicazione, intorno al 1714 ad opera di Delisle Guillarme che la pone nei pressi del Biviere di Lentini, in un settore che, proprio nelle sue carte, verrà occupato dal toponimo Scordia a partire dal 1717.
Per quasi un secolo si assiste al “balletto” tra i due nomi.
Finalmente, nel 1778, in due carte coeve di Borch de Comte, si verifica la “sostituzione” definitiva: Scordia appare al posto di Xuthia nella stessa porzione cartografica.
La mitica città perduta doveva avere origini antichissime, come scriveva Diodoro Siculo e come confermava lo stesso La Rosa e molte emergenze archeologiche presenti nel nostro territorio, o nelle immediate vicinanze, potrebbero rivelarsi cronologicamente coerenti con tali affermazioni.
Purtroppo continua a mancare un’ approfondita attività d’indagine che possa avvalorare una qualsiasi deduzione permettendoci di abbandonare il melmoso e, spesso, ostico campo delle ipotesi.
Siamo realisticamente e prudentemente lontani dal voler proporre una qualsiasi identificazione tra le due località, si badi bene. Questo lavoro vuole soltanto servire a rilanciare, se possibile, lo studio e la ricerca.
Ci sia comunque concesso di ritenere, e sognare, alla luce di quanto riportato, che forse le vere radici del nome della nostra città si trovino ben più in profondità di quelle del seppur nobile aglio!
E se poniamo l’assonanza quale ulteriore criterio orientativo per stabilire la nascita di un toponimo, allora non ci sentiamo affatto di escludere aprioristicamente che Scordia possa rappresentare un’ eco, magari corrotta, della mitica Xutia.
GINO CALLERI