Si riparte da qui.
10Dopo il passaggio elettorale, con i suoi esiti felici per alcuni e meno per altri e all’inizio di una nuovo capitolo della storia politica ed amministrativa della nostra città, oltre agli auguri di rito all’Amministrazione Tambone, va segnato il “punto di partenza”, per capire, alla fine di quest’esperienza, quanta strada sarà stata percorsa e in che direzione.
Uno spunto interessante per una riflessione può essere l’editoriale a firma Mario Barresi, pubblicato sul quotidiano La Sicilia (e ripreso dal sito Scordia.info) alla vigilia del primo turno delle elezioni amministrative. Quella descrizione di Scordia come città sonnacchiosa in pieno declino economico, sociale e politico lasciava alquanto perplessi, in quanto strideva non poco con la realtà.
Lo schema giornalistico su cui era costruito l’editoriale era molto classico (non per niente sarà utilizzato qualche giorno dopo dallo stesso autore anche per la città di Siracusa): osservazione diretta, dichiarazione di testimoni privilegiati, descrizione di un fatto e di una curiosità.
Proviamo ora ad usare lo stesso schema per guardare a Scordia da una prospettiva più realistica. Per riprendere la metafora del “sonno” possiamo osservare che Scordia è una città tutt’altro che sonnacchiosa. Si sveglia molto presto, fra le 5:30 e le 8:00, quando c’è un flusso ininterrotto di macchine in uscita dalla città verso i luoghi di lavoro nelle campagne o, per gli “impiegati”, nella grande città. Nelle stesse ore vi è un continuo tintinnio di tazzine proveniente dai tanti chioschi sparsi per la città, dove si arriva con la macchina, a volte lasciandola in moto, proprio davanti al bancone per consumare il primo caffè della giornata. Nelle stesse ore tante altre macchine entrano in città. La maggior parte sono quelle degli insegnati che ogni giorno prendono servizio nei cinque grandi plessi scolastici. Di queste cinque scuole 4 sono moderne quanto ad ideazione architettonica e ripartizione degli spazi. Quella più anziana, costruita negli anni ‘50, riesce ancora a trasmettere una sensazione di solidità, quasi a voler rappresentare fisicamente la speranza di migliorare se stessi attraverso il sapere.
Scordia non è sonnacchiosa per niente neanche nella voglia di fare dei giovani. Sono pochissimi, in rapporto alla popolazione, quelli che a metà giornata stanno a girovagare per le strade o sostano nei chioschi senza fare nulla: qualcuno che “si è caliato” la scuola, qualcuno che vive del guadagno facile dello “sballo”, qualcuno che lavora a turni alterni ed ha la mattina libera.
Dal punto di vista economico Scordia è un città che negli ultimi 20 anni ha riversato enormi quantità di denaro nel “mattone”. Si può discutere se queste immobilizzazioni sono state lungimiranti o meno, se non si siano sottratte risorse ad investimenti nelle attività produttive: resta il fatto di una cospicua ricchezza immobiliare investita nella casa nuova. Basta guardare la città dal terzo tornante della strada che conduce a Militello per rendersene conto: un quartiere che in una ipotetica fotografia scattata 15 anni fa non c’era adesso è lì, con la Chiesa di Gesù Redentore al centro, il tutto ordinato in una pianta urbanistica a scacchiera in continuo con quella preesistente. E facendo il giro dalla strada di Fildidonna per arrivare a Scordia alta e in contrada “Montagna” si attraversa un’altra zona di intensa edificazione, anche se disordinata e più spontanea. Le stradine strette,a volte tortuose, che si inerpicano verso la parte alta della Montagna danno il senso di questo sviluppo non armonico della città che lentamente ha sostituito gli agrumeti con “ville” di sicuro pregio e valore con annessa piscina.
Questi sono gli aspetti esteriori che si possono cogliere dalla semplice osservazione. Andando a fondo, alle dolenti note che accompagnano questo impiego di ricchezza non si può fare a meno di ricordare che esso è avvenuto in parte ad un costo “sociale” salatissimo, a causa degli espropri dei lotti di edilizia convenzionata condotti in maniera quanto meno maldestra oggetto delle innumerevoli sentenze che da anni dilaniano le casse comunali. Così come è rilevante la perdita di valore per i privati, dovuta al depauperamento del patrimonio immobiliare del “centro” città, dove le case chiuse abbandonate per quelle “nuove”, subiscono un inevitabile processo di decadenza strutturale. Un costo sociale occulto va inoltre rinvenuto anche negli abusivismi e negli allacci alle reti non dichiarati.
Sempre dal “terzo tornante” della strada per Militello si può osservare la zona industriale, sufficientemente popolata di capannoni. Sul ritorno in termini occupazionali e di sviluppo economico degli investimenti di fondi pubblici che hanno consentito tale popolamento si può discutere a lungo. Il giudizio che al riguardo si può esprimere oggi però sarebbe inevitabilmente influenzato dalla crisi economica che sta colpendo tutto il mondo. Anche Scordia non sfugge alle difficoltà di questo momento storico. Le tante saracinesche abbassate in corso Vittorio Emanuele sono certamente il segno di una crisi dei consumi. Ma non è solo questo. Le attività commerciali a Scordia continuano a nascere (segno di una vivacità economica) preferendo le zone nuove, quelle più trafficate, come la via Principessa di Piemonte, la via Garibaldi, o la via Statuto; oppure nascono nel piano rialzato della propria “nuova casa”, per risparmiare sull’affitto.
La cronica “crisi” degli agrumi, che sono ritenuti ancora, forse ormai a torto, la principale fonte di ricchezza della città, è stata metabolizzata negli anni, e i segnali di ciò si vedono osservando il comparto: nella la riduzione drastica – ancor più evidente se messa a confronto con la vicina Palagonia – del numero degli operatori commerciali; nel lento abbandono delle campagne (considerata anche l’età media elevata degli agricoltori) da parte della miriade di piccoli proprietari; nella nascita dei nuovi “latifondi” messi su con i “contributi” europei aggiunti al reinvestimento di capitali propri da parte di chi ha avuto nel passato l’abilità di fare profitti con il commercio delle arance; ed, infine, nel nuovo recente fenomeno della diversificazione produttiva con l’impianto di produzioni di frutta diversa dagli agrumi. Quest’ultimo sembra il tentativo estremo di ridare vigore all’economia agricola fonte di sopravvivenza per una fetta di popolazione che non vede altre possibilità e che possiede solo il patrimonio della conoscenza di come si coltiva la terra, tramandato da padre in figlio. Un tentativo giustificato anche dal mancato sviluppo di forme alternative di economia. Al riguardo un osservatore attento di ciò che accade a Scordia non può fare a meno di sottolineare come le speranze di nuove opportunità di creare ricchezza suscitate dalla fabbrica di mobili, siano andate deluse, in quanto negli anni d’oro essa è rimasta “isolata” e non è riuscita ad avviare quel fenomeno, molto diffuso al Nord, del “distretto” produttivo, dove è possibile integrare il lavoro operaio, la maestria degli artigiani e le conoscenze avanzate, patrimonio di sapere proprio delle nuove generazioni. Ciò però oggi, paradossalmente, è un argine alla contaminazione degli effetti occupazionali della crisi.
Le nuove generazioni vivono Scordia come una moderna città italiana, con i riti del mondo giovanile: il venerdì e il sabato “da sballo”, in giro per i locali, a sperimentare “relazioni” personali, a consumare il tempo della notte fra musica e qualche bicchiere assaporato dentro una nuvola di fumo. Una città sorprendentemente animata che volentieri tende a scivolare verso Catania, meta ambita, il sabato sera, da tanti giovani annoiati dalle “solite cose”, che vanno alla ricerca delle novità della grande città. La domenica tutto torna alla normalità pronti per ripartire verso gli impegni della settimana. Fra i quali in primo luogo spicca quello a migliorarsi con lo studio, preso sul serio dai tantissimi studenti che frequentano l’università. Raggiunta la laurea alcuni scelgono di andare “fuori”. Molti altri si intestardiscono a provarci a Scordia, anche solo per ostentare con una targa di ottone il traguardo sociale raggiunto: il “dott.” davanti la porta. Purtroppo il tessuto economico rimane pur sempre debole e logorato dalla mancanza di idee innovative in grado di stare al passo con i tempi ed orientate al mercato.
La crisi, l’enorme peso fiscale sul lavoro, frenano il coraggio di investire quella parte di ricchezza rimasta. E le attività economiche esistenti tendono a risparmiare su tutto, a partire dal lavoro. Un indicatore di ciò è il lavoro nero che riguarda non solo i lavoratori locali, ma negli ultimi anni e in maniera sempre più rilevante, gli “extracomunitari”. Un’umanità nomade che in inverno vive fra il lavoro nelle campagne a raccogliere agrumi per una misera paga “a cassa” e il “magazzino” abbandonato della ex “Copeca” o altri ruderi lungo la provinciale 28, in cui trascorrere la notte in attesa di un nuovo giorno di fatica e di sfruttamento. Un fenomeno che Scordia si ostina a non vedere e a lasciare ai margini delle coscienze. Le parrocchie fanno quello che possono assistendo con i generi alimentari di prima necessità decine e decine di uomini che, quando non lavorano, sopravvivono grazie a questo aiuto. Ma il problema è grande ed è umanitario. Se si può sperare che la ripresa economica, che prima o poi arriverà, risolleverà quei nostri concittadini che attualmente stanno facendo anch’essi ricorso all’aiuto alimentare delle parrocchie, per l’umanità straniera non sembra esserci speranza alcuna.
Ad un associazionismo vivace (l’Avis con i suoi record di raccolta di sangue o le tante altre associazioni del territorio ne sono il segno evidente), non si accompagna il senso della “socialità”. La capacità di stare insieme nel rispetto di regole condivise e il senso della “cosa pubblica” non appartiene all’indole profonda di questa città. Alcuni esempi? La sistematica violazione di elementari regole civiche di convivenza: la sosta selvaggia o le fermate in mezzo alla strada con relativo blocco del traffico veicolare per parlare con l’amico sul marciapiede, quando due metri più avanti si può comodamente parcheggiare. Per non parlare dei sacchetti della spazzatura abbandonati lungo le vie di accesso alla città o lo scempio dei sacchi di plastica che rimane lungo il viale Aldo Moro il venerdì, alla fine del mercato settimanale. Il senso della cosa pubblica manca nelle numerose zone a verde abbandonate nel disinteresse di tutti, o negli impianti sportivi e in quelli “culturali” considerati solo un costo e non una risorsa. In maniera ancora più grave, l’individualismo porta ad affrontare da soli problemi (primo fra tutti quello economico) di cui le varie possibili forme di cooperativismo o di semplice “buon senso civico”, agevolerebbero enormemente la soluzione.
Altro effetto perverso delle situazioni di illegalità diffuse e dell’idea di poter far da sé oltre o contro la legge, è il problema mafia. È fuorviante al riguardo parlare dell’argomento citando sempre l’elezione di 25 anni fa. Allora la classe politica di Scordia dimostrò di avere in sé gli anticorpi per arginare il fenomeno, almeno a livello politico-amministrativo. Oggi la questione va rivista profondamente alla luce dei nuovi interessi e dei settori di attività che nel frattempo, in 25 anni, sono divenuti “appetibili”.
L’individualismo permea – e non potrebbe essere altrimenti – anche la società politica. L’incapacità di costruire una partecipazione attiva dei cittadini attraverso i partiti, di cui è prova l’abbondanza di liste civiche “personali” presenti nelle ultime elezioni, ha fatto sì che Scordia perdesse lentamente prestigio politico in ambito provinciale e regionale, e si riducesse a miserabile serbatoio di voti per il personaggio politico “portato” da fuori. Scordia da sempre, vuoi per mancanza di adeguata rappresentanza politica, vuoi per l’incapacità di presentare progetti idonei, è fuori dai circuiti dei finanziamenti europei e nazionali disponibili per le città del mezzogiorno. Avere un posto da Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’ATO rifiuti non vuol dire nulla quando le strade di accesso alla città, nel totale disinteresse di tutta la politica provinciale e regionale, sono delle vere e proprie mulattiere (la strada per Lentini o quella di Passo Martino) in cui giornalmente tantissimi cittadini mettono a repentaglio la propria vita.
Su questo stato di fatto che abbiamo descritto in maniera sicuramente incompleta e parziale, quando ogni aspetto meriterebbe un lungo approfondimento libero dalla retorica elettorale che abbiamo recentemente subito, dovrà operare l’amministrazione Tambone. In una situazione di bilancio comunale prossima al dissesto (se risponde a verità che ai rilievi al piano di riequilibrio finanziario pluriennale sollevati dalla Corte dei conti difficilmente si potrà rispondere) Tambone, la sua Giunta e la maggioranza consiliare dovranno dare messaggi chiari, ripuliti da tentazioni demagogiche, protesi verso una progettualità amministrativa ampia che non potrà prescindere dalle competenze e dal merito.
Intanto, purtroppo, possiamo annotare un primo “scivolone” sulla questione del doppio incarico degli assessori: il fatto che ciò sia consentito dalla legge non vuol dire che sia giusto e, soprattutto, democraticamente corretto in un sistema che prevede la ripartizione netta delle funzioni fra Sindaco e Giunta da una parte e Consiglio Comunale dall’altra.
Andando però oltre questi aspetti di “bassa” politica, facciamo un grande augurio al Sindaco Franco Tambone, di saper affrontare con fermezza e capacità progettuale questa fase delicatissima della storia politico-amministrativa di Scordia. È un augurio che facciamo a noi stessi.
FRANCESCO GUGLIELMO per Scordia.info