L’equazione liberale del benessere, rimasta segreta nel cassetto per 19 anni.
2In questo mese di campagna elettorale per le politiche di domenica prossima, tutti i partiti e le coalizioni hanno proposto le loro ricette economiche per fare uscire dalla crisi il paese. A volte sono delle vere e proprie ricette miracolose. Forse troppo semplici e belle per essere vere, realizzabili o fattibili. In fondo, tutto è concesso in campagna elettorale, cosa non si farebbe per catturare voti e abbindolare l’ultimo degli sprovveduti. In queste ricette un posto d’onore merita sicuramente “l’equazione liberale del benessere” che ho sentito pronunciare in almeno 3 circostanze, da parte dell’ex Presidente del Consiglio dei Ministri. Ex presidente candidato a capo della coalizione per la sesta volta consecutiva, 1994-1996-2001-2006-2008-2013. L’equazione liberale del benessere che i candidati del PdL devono imparare a memoria è la seguente: “Meno tasse sulle imprese, meno tasse sulle famiglie, meno tasse sul lavoro = Più consumi, più produzione, più lavoro = Maggiori entrate fiscali per ridurre le tasse, magari per fare le infrastrutture, magari per aiutare chi è rimasto indietro”. Apro una piccola riflessione sulla forma delle parole che si utilizzano in queste equazioni. Chi è rimasto indietro! …..Scusate rimasto indietro da cosa? E’ forse una corsa tra ciclisti della domenica! Si parla forse del Milan che inizialmente quest’anno è rimasto indietro nella classifica per la lotta allo scudetto. Vede Signor ex Presidente del Consiglio, a noi comuni mortali non ci piace il linguaggio che si usa nei raduni dei popoli delle libertà e nelle scuole delle libertà. L’idea che la parabola della vita sia assimilata a una corsa sportiva, non piace a tanti Italiani. Forse è un problema di modelli sociali e di stili di vita, questo indipendentemente dalle politiche pubbliche messe in campo. Ai comuni mortali piace parlare di chi è rimasto indietro riferendoci a quelle persone, poco in forma, rimaste attardate nella corsetta tra amici. Noi comuni mortali conosciamo solo queste persone che rimangono indietro. Del resto nelle scuole pubbliche, nell’associazionismo di volontariato, nel mondo cattolico (che lo stesso Berlusconi ha sempre rivendicato di rappresentare), si parla di Solidarietà Sociale.
Fatta questa riflessione sulla forma dell’equazione, forse qualche considerazione deve essere svolta sul merito. Che bella l’equazione liberale del benessere, mi piace tanto l’equazione liberale (naturalmente del benessere). Tuttavia una domanda sorge spontanea all’Italiano medio: perché non l’hanno messa in atto prima? E’ talmente efficace per il benessere di tutti. Nella politica dove c’è chi sale e chi scende in campo, mi chiedo calcisticamente parlando: Perché lo schema del benessere non è stato fatto scendere in campo già nel 1994, nel 2001, nel 2008 quando erano al Governo del paese? Forse quando sono scesi in campo in questi 19 anni, l’hanno sempre dimenticata negli spogliatoi. Perché dai banchi dell’opposizione non l’hanno proposta (l’equazione). E’ facile l’equazione liberale, l’avrebbe capita pure Bossi Junior e la plurilaureata Minetti. Perché in questi 19 anni l’equazione liberale del benessere è stata tenuta segreta, nascosta dentro un cassetto? Ah… già dimenticavo!……. L’equazione liberale del benessere è stata inventata nel gennaio 2013, come potevano tirarla fuori nel 1994!
Per rimanere alle equazioni brevettate da poco, qualcosa che assomiglia molto all’equazione è conosciuta da parecchio tempo come la “teoria della crescita o del circolo virtuoso”. Nei fatti empirici ha caratterizzato gli anni 80’, in Gran Bretagna con i Governi della Thatcher e negli USA le presidenze Repubblicane di Reagan/Busch E.W. La ricetta messa in campo prevedeva tagli massicci di tasse, ma soprattutto tagli di spesa pubblica. Per essere chiari non hanno inventato nulla di originale nel gennaio 2013, dal cilindro niente di nuovo è spuntato all’orizzonte. Hanno cambiato il nome a qualcosa che esiste da parecchi lustri e che in quegli stessi anni 80’ vedeva affermarsi nell’approccio teorico, le tesi neoliberiste dell’economista premio Nobel M. Friedman. A dire il vero in quell’equazione/teoria non s’inizia con: ………..“Meno tasse a famiglie e imprese”, ma con “Meno Spesa Pubblica, poi viene il meno tasse al lavoro, imprese e tutto il resto………….ecc. ecc. Di equazione con meno tasse, senza prima di realizzare meno spesa pubblica, la matematica del benessere è purtroppo orfana. In questo tema i popoli delle libertà quando sono stati al Governo del paese, per 8 anni e mezzo degli ultimi 11 anni, hanno messo in atto l’equazione dell’aumento annuale della spesa Pubblica. Una sorta di equazione liberale all’incontrario. Il dato è anche peggiore se si osserva la distribuzione qualitativa della spesa. L’incremento della spesa pubblica è stato solo aumento di spesa corrente, è, infatti, rimasta pressoché invariata la spesa per gli investimenti. Nel 2000 la spesa pubblica era 600 miliardi di euro, alla fine del 2011 era circa 800 miliardi di euro (+ 200 miliardi). Per correttezza va detto che i dati ISTAT sono espressi in valori correnti, ma anche a volere eliminare l’aumento nominale dell’inflazione del periodo considerato (26%); in conti non tornano comunque. La cosa peggiore è che non si è trattato neanche di buona spesa corrente, le vicende degli ultimi anni hanno reso evidente che genere di spesa pubblica è cresciuta negli ultimi 11 anni; sperperi di denaro pubblico, sprechi e corruzione nella Pubblica Amministrazione con gli appalti delle “cricche”. Dunque quanto avvenuto negli ultimi 11 anni è stata “più spesa pubblica = più tasse e imposte”. Questa purtroppo non è un equazione, sono semplicemente i dati dell’ISTAT.
L’idea di ridurre la tassazione per innescare il circolo virtuoso non è in se malvagia, tutt’altro ha dei fondamenti macroeconomici. La diminuzione di tasse per i redditi medio bassi è musica allo stato puro per qualsiasi persona di buon senso. Parlo di riduzione per i redditi medio/bassi poiché essendo la coperta molto corta, nel breve periodo non si può dire seriamente meno tasse per tutti. Del resto è dimostrato empiricamente che 100 di riduzione delle tasse ai redditi medio/bassi, vanno quasi integralmente sui consumi, si calcola oltre 90 per le stime prudenziali. Queste sono le buone intenzioni per il futuro che non possono prescindere dal passato recente. Un esempio si parla da almeno 10 anni della riduzione graduale del cuneo fiscale e previdenziale sul lavoro. Bene, ma cosa è stato fatto in questi anni? E’ stato fatto poco o pressoché nulla? La ricetta proposta sembra la stessa del 2001, perché forse il problema è rimasto maledettamente irrisolto. L’aumento del reddito medio disponibile da destinare ai consumi, è ancora una volta il vero tema della crescita economica del paese. Non a caso tutti i partiti, in questi mesi di campagna elettorale hanno posto l’accento sul crollo dei consumi, causa alta pressione fiscale. Per utilizzare un gergo medico, tutti sono concordi nella diagnosi (il paese sta male), anche sulla terapia a grandi linee sembra che tutti siano d’accordo, (ridurre le tasse per aumentare i consumi). Su questo punto tutti hanno fatto a gara per promettere tagli di tasse, come ho già detto in altra occasione, una gara a chi taglia di tutto e di più. Dove c’è profonda divergenza evidentemente è sulla scelta del chirurgo che deve entrare in sala operatoria, (chi ci deve governare nei prossimi anni). Il chirurgo lo sceglieranno gli Italiani con il voto, (si spera) escludendo il pareggio e situazioni pasticciate date dal “porcellum”. Tuttavia per risolvere questo enigma, abbandoniamo la medicina e ritorniamo al tema iniziale della matematica e all’equazione del benessere. Perché gli Italiani dovrebbero fare svolgere un’equazione a chi negli ultimi anni guidando il paese ha dimostrato di prediligere la letteratura e le poesie?
FRANCESCO GHERARDI