Rottamazione. No grazie meglio abdicazione e ricambio generazionale
6Giorno 11 febbraio 2013 Sua Santità Benedetto XVI, con un grande gesto di straordinaria modernità ci ha detto che anche i Papi possono farsi da parte. Nel 2005 il Cardinale Ratzinger era stato chiamato alla difficile successione di sua Santità Papa Wojtyla. In fondo dopo questo gesto passera comunque alla storia, avendo lasciato una traccia forte. Anche il solco di Pietro può avere una durata temporale. Non esistono incarichi a vita di tipo illimitato e questo forse è il segno più tangibile di un mondo che cambia. Se anche il ministero Petrino può non essere a vita, probabilmente anche i politici possono iniziare a ragionare in modo diverso. Mi sono permesso di fare questa introduzione sacra, perché alcuni giorni prima delle elezioni parlando con alcuni elettori, alcuni di quelli che dicono che di politica ne capiscono poco, ma a loro dire alcune cose riescono a capirle parecchio. Il ragionamento imbastito dopo opportuna traduzione era più meno questo: …….“Avete visto anche il Papa si dimette, questi Signori da 30 anni stanno ancora lì e nessuno li smuove dalla sedia”. Ecco in questa risposta dell’elettore Signor nessuno, credo che si possa leggere il voto del febbraio scorso. Mettete assieme tanti Signor nessuno e viene fuori un indirizzo chiaro. In quel voto già dalle elezioni regionali di ottobre in Sicilia la sensazione era che oltre alla cattiva politica da penalizzare vi era un’esigenza imprescindibile. Voglia di cambiamento e rinnovamento della classe dirigente.
Che messaggio ha lanciato il paese reale con il voto del 24/25 febbraio? Non si può dire che questo sia stato solo un voto di protesta. Certamente è anche quello, ma molti “vecchi politici soloni” nei primi giorni hanno sbagliato a considerarlo solo come tale. Oltre alla protesta è anche un voto di proposta su tante cose che, qualsiasi persona di buon senso farebbe proprie. Certo molte idee sono simboliche e di facciata (riduzione dei costi della politica), ma non per questo meno importanti. Dal lato della proposta mi pare che alcuni segnali siano stati abbastanza chiari. Sui temi economico-sociali è stata bocciata la politica delle agende Europee tout court e la “Montizzazione” dei partiti e della politica Italiana. Fino al 25 febbraio l’agenda Monti e l’Europa erano la bibbia sacra. Enrico Letta prima delle elezioni dice:…. “L’elettore se proprio non vuole votare per Bersani, piuttosto che votare grillo voti il PdL”. Letta è il vicesegretario del PD, un esponente autorevole, non è l’ultimo deputato della provincia Italiana. E questo la dice lunga su tante cose. E poi ci si scandalizza se qualcuno pensa che PD e PdL con e senza elle sono la stessa cosa. Il secondo aspetto emerso il giorno dopo le elezioni è l’esigenza di rinnovamento della classe politica Italiana. L’idea che la politica sia un servizio con un limite temporale, (due mandati parlamentari) erano segnali che imperversavano anche all’interno dei partiti tradizionali. Ed è su questo punto che focalizzerò il mio pensiero in coerenza con l’introduzione.
Il Rinnovamento prima e dopo il voto. Mi pare del tutto evidente che oltre a essere bocciati alcuni metodi di fare politica, siano stati bocciati i politici a “tempo indeterminato” per “tutta la vita”. Non a caso è passato il metodo Grasso/Boldrini come timido segnale di percezione del messaggio lanciato dagli elettori. La parola d’ordine della politica Italiana (dopo le elezioni) è divenuta cambiamento e rinnovamento. In fondo grazie al voto grillino, da un mese tutti i politici ne fanno una priorità assoluta. I partiti tradizionali prima delle elezioni quanto avevano risposto a questa ventata di cambiamento e rinnovamento? Il PD con tanti giovani (molte donne), in parte ha risposto a questa ventata di nuovo, di “rottamazione” dei vecchi politici. Pur tuttavia è stata percepita e giudicata poco all’esterno, fin troppo timida. Accanto a tanti giovani e donne, ci sono personaggi ai piani alti che sono in prima linea da tanto tempo. Anche se scelti dal basso, alle primarie del centrosinistra hanno votato un milione di persone, ma gli elettori della coalizione sono oltre 10 milioni, il rapporto è 1 a 10. Come ho già detto, molto meglio di altri che le primarie non le hanno nemmeno abbozzato, nominando i Parlamentari dalle stanze di partito. Rinnovo un mio modesto parere, le primarie sono state fin troppo santificate. Eccezioni alle regole dei tre mandati, poi primarie non per tutti con i fedelissimi cooptati dal segretario, ma soprattutto più soggetti che anche se rispondenti alle regole dei tre mandati pieni, sono in prima linea da 25/30 anni. Non basta dire ci sono tanti parlamentari nuovi, se poi questi novizi sono alla prima esperienza romana, ma da 20 anni sono in Regione o al Parlamento Europeo. Vogliamo parlare delle clamorose rinunce, se si esce dalla porta, e magari dopo si rientra alla grande dalla finestra, forse questo più che un generoso passo indietro era un modo per farne due in avanti. Ministro o commissario UE. Questo non è proprio un passo indietro e largo ai giovani. Il fatto stesso che tutta la struttura di apparato e la vecchia classe dirigente sosteneva Bersani e nonostante questo Renzi abbia preso il 39%, esprime in modo forte la ventata di novità che aleggiava anche all’interno della base del PD. In fondo la stragrande maggioranza dell’elettorato vuole il rinnovamento trasversalmente. Ciononostante, in quale misura i notabili avevano dato spazio e quanto invece soffocato con il coperchio la pentola in ebollizione? L’impressione generale è che all’interno dei partiti tradizionali (PdL e Pd meno Elle) erano tanti i vecchi che hanno lavorato per fare in modo che nulla cambiasse nei piani alti e nelle stanze dei bottoni. La classe dirigente è sempre la stessa da 25 anni, in politica questo arco temporale è una era geologica.
Il limite temporale dell’attività politica. Una classe politica dirigente dopo un ventennio dovrebbe comunque farsi da parte, anche se avesse operato bene (non è il caso Italiano). Ovunque nei paesi occidentali funziona in questo modo. In Gran Bretagna Tony Blair diventa leader da quarantenne. Dopo 10 anni da primo ministro esce dalla scena politica e da spazio agli altri quarantenni che portano nuova linfa ed energie. In Italia si cambiano i nomi e i simboli dei partiti, ma i protagonisti e i leader sono sempre gli stessi. Prendiamo a riferimento l’ultimo ventennio dall’era di tangentopoli (1992-2012), quella che impropriamente è definita seconda Repubblica. La stessa classe dirigente che ha “sgovernato” il paese vorrebbe essere ancora classe dirigente come se nulla fosse accaduto. La rottamazione non è un termine che mi piace specie se usata con le persone. Nessuna persona è rottamabile, si rottamano le cose e gli oggetti. Preferirei che si parlasse di termini come pensionamento politico o collocamento a riposo. Del resto questi Signori, molti in età giovane, possono ritornare a occuparsi di tutto ciò che facevano prima. Per’altro uscire dalla scena non significa non fare più politica, comporta semplicemente occuparsene sempre, ma da ruoli, posizioni e incarichi differenti. L’attività politica si può esercitare dal basso come fanno tante persone, si può realizzare fuori dalle Istituzioni, scrivendo libri e memorie. Osservo, infatti, che sono tutte persone che, nonostante la loro giovane età, avranno delle belle rendite vitalizie che gli consentiranno di vivere. Ergo non avranno neanche il problema di porsi se questo loro prodotto avrà un mercato. Come accennavo nell’introduzione, da questo momento in poi si potrà dire al politico di turno che, persino il Papa si è dimesso dalla carica, di conseguenza tutto trova un limite temporale. Anche in politica l’istituto dell’abdicazione potrebbe trovare maggiore applicazione. Quando si parla di svecchiamento e ringiovanimento della classe politica, il riferimento non è ovviamente alla carta d’identità anagrafica. Ci sono cinquantenni che sono da 25 anni in prima linea e sessantenni novelli della politica ad alti livelli. Il problema è infatti la durata illimitata dell’attività di parlamentare. In questo ambito è assolutamente deleterio pensare che i giovani siano tutti alti belli e con gli occhi azzurri, mentre i vecchi sono bassi, grassi e senza capelli. Tra un giovane mediocre e un anziano, mille volte quest’ultimo. Se i giovani sono i predatori del tesoro o quelli delle paghette, meglio una persona anziana ma capace e soprattutto nuova. Non bisogna parimenti iscriversi al partito di chi sostiene come di per se positivo, la circostanza che in questo Parlamento le donne rappresentano il 40%. Il problema non è uomini o donne. Se le donne si chiamano Minetti, meglio gli uomini. Mi sembra del tutto pleonastico rilevare come il confine tra buoni e cattivi non è tra giovani e anziani, parimenti tra donne e uomini.
L’importanza del ricambio generazionale al vertice. Nel 2007 Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, giornalisti del Corriere della sera, scrissero un libro dal titolo “La Casta”. Il libro fu un grande successo, ma nonostante ciò un politico di primo piano ebbe a dire:….. “La casta non esiste, i giornalisti sono tutti delle iene dattilografe che non hanno nulla da fare e scrivono sciocchezze”. Il politico ma anche giornalista di professione era Massimo D’Alema, quello stesso Massimo D’Alema destinato a fare il Ministro degli Esteri, Commissario Europeo, o addirittura destinato alla successione di Napolitano nell’ipotesi di una candidatura del PD non ostile a Berlusconi. Soprassediamo sulle capacità chiaroveggenti di Piero Fassino su Grillo e sul partito da fondare. Personalmente ho una teoria, molto modesta, sui politici di lungo corso, quelli che stanno in prima linea da 6 lustri. Qualsiasi essere umano che da 30 anni sta in parlamento (nazionale, europeo regionale), in qualsiasi posto di sottogoverno, oppure ancora Sindaco di una grande città, presidente di provincia; perde il contatto con la realtà. Viene meno la percezione del mondo reale, del vissuto e del vivere quotidiano. Vanno in banca ed hanno un mutuo al tasso agevolato inferiore all’inflazione, entrano allo stadio e non pagano, vanno al cinema gratis, potrei continuare, ma queste banalità che ho scritto la dicono lunga sulla “percezione della realtà”. Credo che 25 anni di questa vita annebbiano la vista e la comprensione esterna della temperatura. Qualsiasi consigliere comunale di un piccolo centro, segretario cittadino, qualunque Sindaco di uno dei partiti tradizionali (PD o PdL), è una persona normale che vive in modo quotidiano. Vede e sente il grido d’allarme lanciato dal mondo reale, da un suo cittadino, da un suo potenziale elettore che sta perdendo, che si sta allontanando. Quest’osservatorio “non privilegiato” gli consente di vedere oltre il proprio naso. A riscontro della mia tesi mi piace citare il consigliere comunale Salvatore Agnello, in un articolo apparso su Scordiademocratica del 21 maggio 2012 dal titolo “Se a Grillo si togliesse l’appiglio”. Da ottimo sociologo e da politico sul territorio (la base), aveva capito lo tsunami a 5 stelle già nel maggio 2012. Forse aveva capito molto prima di tanti alti dirigenti del suo partito e degli altri partiti tradizionali. In quell’articolo la prima parte è dedicata alla corruzione nella P. A. dove spiega magistralmente che nella corruzione ci sono almeno tre attori, il politico, un burocrate e un imprenditore. Le commistioni e i conflitti d’interesse che esistono. In fondo, sono i costi della corruzione in termini concreti il vero nemico del bilancio pubblico, prima ancora dei costi della politica (taglio delle provincie compreso), che sono delle cose da fare ma solo simboliche. La seconda parte è dedicata alla cattiva politica e ai predatori di partito (Lusi-Belsito), ai nominati in Parlamento, ai privilegi della casta e ai costi della politica. Cito testualmente la parte finale, quella forse più indicativa perché un grido d’allarme sul fate presto:
Scrive Salvatore Agnello………..“C’è poco tempo a disposizione. La cancellazione dell’attuale sistema di elezione dei nominati in Parlamento, la riduzione del loro numero, il limite tassativo di due mandati parlamentari, il controllo sui bilanci e la drastica riduzione del finanziamento pubblico ai partiti, la soppressione di ministeri inutili, province e prefetture, la tassazione dei grandi patrimoni, sono atti che avrebbero un effetto decisivo sugli elettori più sfiduciati. Soldi risparmiati, ma soprattutto istituzioni più snelle, più efficienti, più responsabili, più giuste e solidali con chi paga il prezzo più alto dello sfascio economico. E invece si è fatto poco o nulla. E si rischia di confondere i buoni che spingono per il cambiamento coi cattivi che frenano. Va bene governare la crisi economica, ma guai a ripresentarsi agli elettori senza aver cambiato alcune regole fondamentali. A Grillo resterebbe poco da dire. Sennò, per quanto inutilmente, tanti di più potrebbero decidere di gridare con lui. Non è antipolitica, ma solo la voce disperata di chi non ne può più e rifiuta di fare distinzioni”. Queste cose erano scritte il 21 maggio 2012 dopo le amministrative. Complimenti al sociologo Salvatore Agnello per la bella analisi socio-politica, ma soprattutto chapeau al consigliere comunale Salvatore Agnello per la sua alta capacità di vedere avanti. Almeno 9 mesi prima. In fondo in questa capacità di misurare la temperatura esterna dal basso, si spiega perché è strategico il ricambio generazionale della politica.
FRANCESCO GHERARDI