I costi della corruzione in Italia. Un segmento dove tagliare la spesa pubblica in modo indolore.
0Le “mere prese d’atto”. Le ferree regole del pareggio di bilancio imposte da Bruxelles associate alla grave crisi recessiva degli ultimi anni hanno portato i governi all’inasprimento della pressione fiscale, mettendo a dura prova la resistenza dei cittadini. Negli ultimi 3 anni le manovre economiche volte a sistemare i conti, sempre in precario equilibrio, non si contano più. Nuove tasse e aumento di quelle esistenti, spending review, sforbiciate lineari e soprattutto aumento dei tagli agli Enti locali. Tagli dei trasferimenti che si traducono inevitabilmente in riduzione di servizi alla collettività o comunque in aumenti di tariffe a parità di servizi resi. E’ dimostrato empiricamente che a ogni taglio dei trasferimenti al livello di governo periferico, corrisponderà nei periodi successivi un aumento della fiscalità locale (aliquote massime IMU, add. Comunale Irpef) o del prezzo/tariffa del servizio pubblico (Tarsu/Tares, canone acquedotto, rette scolastiche ecc.). Se nel breve periodo fare crescere la torta globale è impossibile, per fare quadrare i conti, i soldi bisogna pur prenderli a qualcuno (se si agisce dal lato delle entrate), tagliare da qualche parte (se si agisce dal lato della spesa). Austerità e ristrettezze di bilancio impediscono ai governi anche di trovare modeste risorse da destinare alle emergenze immediate. Eppure un posto dove poter tagliare e utilizzare la forbice in modo indolore ci sarebbe. Un segmento della spesa pubblica che definire improduttiva è un eufemismo. Ci riferiamo ai meandri della corruzione e ai costi che gravano sui bilanci pubblici appesantiti da quest’onere improprio. Questa disamina che certamente tratta un argomento di respiro nazionale, per le motivazioni sopra esposte è indirettamente legata a molte decisioni degli amministratori locali. Le “mere prese d’atto” che spesso gli organi politici locali sono chiamati a prendere, sono consequenziali alle scelte dei governi centrali. Esecutivi che spesso hanno utilizzato il bisturi della terapia chirurgica nella parte sbagliata del corpo.
La gravità del fenomeno corruzione. Il Presidente della Corte dei conti Gianpaolino nelle sue ultime prolusioni in occasione dell’inaugurazione degli anni giudiziari 2012 e 2013, ha reso evidente come in Italia i costi della corruzione si aggirino intorno a 60 miliardi di Euro. Se il primo magistrato contabile in diversi momenti formali ritorna sulla gravità del fenomeno, forse è la prova più tangibile che trattasi di una vera emergenza nazionale. Una vera zavorra che incide sul processo di crescita del paese in termini di PIL. La stessa Banca Mondiale stima la corruzione in 60/70 miliardi di euro, un vero cancro per il paese. Stime meno prudenziali fissano i costi della corruzione pari anche a 70/80 miliardi di euro. Una cifra “spaventosa” che da sola sistemerebbe tutti i problemi di finanza pubblica. Una cifra che corrisponde a circa 4 manovre finanziarie “lacrime e sangue” che, fa sembrare piccoli anche i numeri derivanti dall’intero gettito IMU pari a 24 miliardi di euro. Se si fosse ridotto anche di un solo terzo questo costo parassitario, probabilmente non avremmo mai avuto l’intera l’IMU. Non solo sulla prima casa, ma nemmeno sui beni strumentali o in alternativa si sarebbero potute diminuire le tasse, in primis il cuneo fiscale sul lavoro. La corruzione ha un impatto devastante sui conti pubblici, ma non va sottovalutato che arreca un gap competitivo all’intero sistema economico e funge da ostacolo che frena la crescita e lo sviluppo del paese. Nella corruzione si annida la concorrenza sleale delle imprese, un muro per gli investimenti dall’estero. La politica (anche i tecnici), piuttosto che affrontare questo tema con strumenti che contrastassero il malaffare, ha messo tra le sue priorità l’art. 18 e la manutenzione del mercato del lavoro. Come se la vera emergenza che frena gli investimenti stranieri e la ripresa economica fosse la possibilità preventiva di potere licenziare. Forse quegli stessi capitali stranieri che s’invocano, non sono mai venuti in Italia oltre che per un’elevata pressione fiscale anche per un indice di corruzione percepito, come vedremo da terzo mondo.
La descrizione della corruzione in Italia. Dobbiamo sempre partire dall’assunto che dietro ad un fenomeno corruttivo c’è sempre un danno per il pubblico sotto forma di minori entrate o di maggiore spesa nell’acquisto di beni e servizi. Per descrivere la complessità del fenomeno e quanto il problema sia endemico, si potrebbero citare tanti casi, ne faccio due per elencare le tipologie. Lo scorso anno in Campania 16 giudici tributari sono stati arrestati con l’accusa di vendere sentenze. A sirene spiegate all’alba veniva fatta una retata non già contro la criminalità organizzata, ma contro giudici (sia pure onorari). Uomini dello Stato che giocavano contro lo Stato. Avevano messo in piedi un sistema di corruttela che dietro il pagamento di denaro regalava sentenze ai contribuenti a danno dell’erario. Un secondo esempio famoso, il sistema Protezione Civile e la cricca dei lavori pubblici di Anemone, speculavano perfino sulla disgrazia terremoto (L’Aquila 2009). Inutile dire che i costi della corruzione sono scaricati sul bilancio pubblico, ergo su tutti i cittadini. La fornitura di beni e la prestazione di servizi acquistati dalla Pubblica Amministrazione a un prezzo superiore il loro valore di mercato è caricato inevitabilmente sul prezzo finale. Se un Km di autostrada in Italia costa 100 e nel resto d’Europa 55, evidentemente i conti non tornano. Se qualsiasi opera pubblica in Italia costa il doppio rispetto alla Francia e alla Germania, c’è un deficit competitivo incolmabile. Questo deficit non è dovuto a tecnologia e know-hov, ma a carenze di moralità. Se i costi si decuplicano strada facendo rispetto al progetto esecutivo iniziale evidentemente c’è anche un problema di regole e di sistema. Quando arriva la Procura della Repubblica a scoprire il malaffare (come spesso accade), è sempre una sconfitta. La scoperta del fenomeno da parte della magistratura è il “dopo” e colpisce la punta di un iceberg. La magistratura non può risolvere il problema, ne può essere demandato all’autorità giudiziaria il compito di stroncare il fenomeno patologico di tipo sistemico.
Che cosa ha fatto la politica negli ultimi 10 anni per attenuare il fenomeno? La magistratura (penale e contabile) può guarire solo la fisiologia della malattia, non può certo prevenire i fenomeni diffusi, alle quali solo la politica può dare risposte concrete, creando nel sistema gli anticorpi necessari. Cosa si è fatto nell’ultimo decennio o semplicemente negli ultimi anni? Poco veramente poco, aspettiamo da anni una serie legge anticorruzione e una norma che regolamenti il conflitto d’interessi. Dal 2001 al 2011 al governo del paese c’è stato per 8 anni e mezzo un esecutivo che in agenda ha messo spesso come problema non tanto la corruzione, ma semmai chi contrasta l’illegalità. Più che inasprire le norme contro la corruzione si è andati nel segno contrario, depenalizzazione del falso in bilancio, per non parlare delle prescrizioni brevi. Che il fenomeno non solo non si è acuito, ma aggravato lo dicono le statistiche comparate nel tempo. Secondo gli ultimi dati della Transparency International nella classifica CPI (Corruption Perceptions Index), siamo scivolati al 72° posto. Con il rispetto dovuto, anche il Ghana, la Romania, la Turchia e il Rwanda ci precedono, nell’Unione Europea solo la Grecia è alle nostre spalle. Nel 2001 occupavamo un onorevole 29° posto. L’ex Presidente del Consiglio Berlusconi nel mese di febbraio 2013 in un talk televisivo in piena campagna elettorale il giorno dopo l’arresto per tangenti del presidente e Ad. Finmeccanica, si affrettava a dire con tono minaccioso: “Ma quale tangenti, ancora con queste tangenti, non sono tangenti, sono commissioni su normali affari”. Dichiarazioni talmente gravi che in parte furono corrette il giorno dopo. In fondo se le tangenti sono vissute come commissioni o che dir si voglia come provvigioni, credo che non ci sia molto da aggiungere sul perché in Italia c’è tanta corruzione e non si è fatto in concreto nulla per contrastarla negli ultimi 10 anni. In parte questo spiega perché la corruzione non è stata sradicata, ma anzi ha trovato terreno fertile e humus per espandersi.
L’agenda politica futura dettata dai numeri. Negli ultimi 2 anni un argomento parecchio dibattuto legato al sentimento di antipolitica è stato sicuramente il costo eccessivo della politica, i benefit della casta, i privilegi, lo sperpero e le ruberie della politica. Giusto e doveroso tagliare i costi della politica e il finanziamento pubblico ai partiti, ma è del tutto evidente che i conti pubblici non possono essere sistemati con la riduzione dei parlamentari o il taglio della doppia indennità per i membri del Governo che ricoprono la carica di parlamentare. Se c’è un’area in cui la politica deve mettere mano, è la zona grigia degli intrecci tra politica e affari, al confine tra malagestio e malversazione. Sperperi di denaro pubblico, sacche di clientele politiche, spesa improduttiva, ma come detto soprattutto corruzione e concussione. Le istituzioni internazionali, la magistratura contabile, l’opinione pubblica sollecitano con urgenza una risposta ai fenomeni di disonestà diffusa nel nostro paese. Aspettiamo da un decennio una seria legge anticorruzione in grado di attenuare e contrastare i fenomeni di corruttela politico-amministrativa e una norma che disciplini il conflitto d’interessi, nell’accezione più larga laddove lo stesso non riguarda solo una persona famosa. Conflitto d’interessi tra grande industria e mondo della finanza. Troppo spesso manager pubblici e privati escono da Cda per andare a ricoprire il posto di commissario nelle Authority, negli organismi di vigilanza e di controllo, o peggio il percorso inverso. Alti burocrati che appena smessi i panni di giocatori, il giorno dopo indossano la casacca di arbitro. Sono tutti argomenti su potenziali fattispecie criminose contro la pubblica amministrazione che “la politica alta bipartisan” conosce, dice sempre di volere affrontare, ma nei fatti sono provvedimenti sempre rinviati al futuro. Azzerare la corruzione e portare quella voragine a zero è utopia, forse ridurla a circa la metà in un periodo medio di 5 anni potrebbe essere realtà. Fare seria lotta alla corruzione significa aumentare la competitività del sistema paese. Significa soprattutto tagliare la spesa usando il bisturi, ma in modo indolore per le persone per bene.
FRANCESCO GHERARDI