L’importanza strategica del recupero dei centri storici Italiani
1Centro Storico. Piccolo ma buono, ristretto ben curato e soprattutto vivo. Spesso ci chiediamo che ruolo ha la politica e come le scelte di questa incidano positivamente o negativamente sulla società. Credo che l’intera vicenda del Centro Storico di Scordia (esteso a dismisura nel PrG e ora riportato nella sua versione originaria) ne sia la degna spiegazione. Il pubblico non ha risorse da spendere per fare piccole o grandi opere. Buona parte dei Comuni Italiani sono in grande difficoltà finanziaria e non hanno risorse nemmeno per tappare le buche. Per fare cose positive per la propria comunità a volte non necessariamente occorrono fonti di finanziamento. Ci sono delle cose semplici, delle scelte a costo zero per il pubblico che possono dare risposte concrete all’economia di una comunità. La variante al PRG approvata dal consiglio comunale pone correzione a quell’obbrobrio di centro storico che di storico aveva la sola bruttezza, la fatiscenza e l’abbandono. Del resto molti storici dell’arte sono dell’opinione che non tutto ciò che risale all’antico di inizio secolo, ha un interesse storico culturale e come tale meritevole di tutela vincolistica. Ampliando a dismisura la zona A, più che valorizzare e tutelare il centro storico di una città, si condannerebbe alla morte parte rilevante del centro urbano. Credo che tutte le persone di buon senso convenissero sul fatto che occorreva rimediare alla ri-perimetrazione operata con il PRG nel 2008 quando, di fatto, fu più che raddoppiato l’originario centro storico previsto dal vecchio PdF. Rinviare la variante, a dopo le elezioni avrebbe significato nella migliore delle ipotesi, scelte adottate dopo l’estate. L’approvazione della variante potrebbe consentire di rimettere in moto il motore dell’edilizia, naturalmente fatte buone le altre condizioni economiche generali del paese.
La problematica “Centro Storico” così come delineata non appartiene solo alla nostra città. Per questo credo debba essere fatta una riflessione più generale sul concetto di “centro storico”, in quello che in molte realtà Italiane sta diventando semiperiferia dell’abitato. Si tratta delle conseguenze negative che hanno molti Comuni medi Italiani che vedono assistere alla chiusura di parte rilevante dei loro centri storici, con l’emorragia progressiva di abitanti associata alla chiusura di negozi, botteghe, esercizi commerciali. In una parola stanno venendo meno condizioni di vivibilità minime. Proprio per questo, il problema del recupero dei centri storici Italiani è uno dei grandi temi che meriterebbe di essere messo nell’agenda della politica Italiana. La politica a tutti i livelli di governo, centrale intermedio e periferico ha un ruolo nel fare in modo che si riaprano i centri delle città. Dopo un ventennio di colate di cemento che hanno fatto crescere a dismisura le periferie, occorre quantomeno un’inversione di tendenza. Almeno due le motivazioni che supportano quanto sopra rappresentato.
1) La grave crisi del settore edilizio artigiano. Proprio in questi giorni sono stati pubblicati i dati delle imprese del settore edilizia relativi al 2012. Nella crisi economica generale le imprese di questo comparto sono quelle che presentano il saldo peggiore. L’intervento pubblico in generale è sempre fondamentale, lo è in misura ancora maggiore in momenti di grave crisi recessiva, come quella attuale. La politica non può e non deve fare economia, ma può (e deve) avere un ruolo fondamentale nell’iniezione di strumenti e politiche atte a fare ripartire l’economia, creando terreno fertile (l’humus). In questa funzione di stimolo alcuni settori reagiscono e rispondono meglio di altri. L’edilizia è certamente uno di questi, risente in maniera diretta e immediata delle scelte (o non scelte del pubblico). Risente in maniera diretta di decisioni giuste o sbagliate concernenti la politica e la gestione del territorio. Non solo soldi per gli investimenti pubblici (LL. PP, opere e infrastrutture), ma anche semplici misure destinate a rendere appetibili alcuni interventi dei privati. Misure spesso a costo zero per le finanze pubbliche e per questo d’immediato realizzo e diretto respiro per l’economia di un paese. Altre volte misure che mirano a incoraggiare e a fare tutto ciò che, in assenza di una modifica, di una variazione, di una correzione dello stato attuale rischia di rimanere congelato per sempre. A livello centrale si parla da tempo di un “Piano Casa” che faccia partire l’edilizia e persegua obiettivi sociali. Perché non indirizzare il suddetto piano attraverso la leva fiscale e finanziamenti agevolati mirati, al recupero di del centri storici! Perché non rafforzare e migliorare gli incentivi alle ristrutturazioni edilizie e riqualificazione energetica degli immobili esistenti! Occorre in sostanza rendere conveniente che 3 piccole abitazione, disabitate, disomogenee e abbandonate, opportunamente demolite e accorpate, o ristrutturate possano diventare una sola costruzione, una bella abitazione. Tutto ciò senza vincoli, limiti, divieti e burocrazie previste per le “zone A”. Sul livello del governo locale si possono fare tante piccole cose. Mi piace pensare a quel Sindaco dell’Abruzzo che per recuperare la parte storica del paese, (un vecchio borgo medievale), nei limiti delle sue competenze aveva previsto una Tosap esigua per l’occupazioni di suolo conseguente i lavori di ristrutturazioni nella parte vecchia del paese. Contestualmente aveva raddoppiato la tassa per i lavori che insistevano nelle altre zone di espansione. Sono piccole cose, ma sono piccoli segnali. Del resto in assenza di humus e terreno fertile per il recupero urbanistico dell’esistente, appare difficile un’inversione di tendenza per così dire naturale.
2) Il Recupero dopo l’abbandono dei centri storici Italiani. Quanto elencato nel punto precedente (fare ripartire il settore dell’edilizia delle imprese artigiane), sarebbe già di per sé un ottimo motivo per intervenire con un piano di respiro nazionale. Esiste come detto una seconda motivazione forte, non meno importante relativa alla vita del centro urbano. Mi riferisco alla morte lenta, progressiva e graduale di molti centri storici Italiani. A quella cultura consolidata (che imperversa da 20 anni in Italia) di chiusura dei centri storici per le città 3, 4 e 5. Alla cultura della chiusura di negozi e botteghe nei centri urbani a favore dei grandi centri commerciali. I centri storici stanno morendo spesso perché alla cultura della “ristrutturazione dell’esistente” si sono preferite le scelte alternative dell’espansione cementizia all’infinito. E’ la politica ai livelli alti che ha fatto questa scelta. Altre volte a questo problema, si aggiunge (com’era il caso di Scordia) l’adozione di scelte di ampliamento apparentemente di “valorizzazione e tutela”, ma che concretamente si traducono in una morte inesorabile. Lacci e inutili oneri burocratici hanno inevitabilmente disincentivato la cultura dell’esistente. L’equazione storica del passato è stata la seguente: Chiusura dei centri storici e abbandono totale unità abitative = cementificazione delle zone di espansione a est-ovest- nord-sud. A dove ci ha portato e ci condurrà tutto questo? Non sono un esperto del settore, ma alcune cose riesco a osservarle. Buona parte dei centri storici Italiani sono vuoti, in alcune strade su 20 unità abitative, i 2/3 sono disabitate, chiuse, sfitte e allo stato di totale abbandono (interno ed esterno). In futuro in assenza d’interventi di recupero (a tutti i livelli di governo), la situazione è destinata a peggiorare. In tantissime città Italiane negli ultimi 20 anni i nuclei abitativi si sono spostati all’infinito verso l’esterno, ma a popolazione invariata e stazionaria. Queste le conseguenze dirette:
a) Maggiori costi per la collettività in termini di servizi alla città (raccolta rifiuti, pubblica illuminazione, manutenzione strade, acquedotto, oltre che dei servizi a rete.) In diverse città medie, anche capoluoghi di provincia, nel centro storico l’operatore ecologico e il postino attraversavano intere vie per portare il loro servizio a poche persone anziane.
b) Problemi di ordine pubblico e di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Città a macchia di leopardo e interi quartieri fantasma con aumento dei casi di microcriminalità .
c) Problemi anche sotto l’aspetto igienico-sanitario. L’abbandono, la fatiscenza d’intere unità abitative e d’intere porzioni delle città, pone seri problemi di vivibilità soprattutto nei mesi estivi (escrementi volatili e altro). Tutti noi reclamiamo strade pulite, spazzate frequentemente e profumate, ma obiettivamente diventa difficile con una popolazione di 17 mila abitanti distribuita in un’area urbana di almeno 30 mila abitanti.
Invertire la tendenza significa recuperare i centri storici delle città Italiane, riportare ossigeno e ridare vivibilità. Rendere appetibile una ristrutturazione edilizia con fusione di più unità abitative, piuttosto che individuare nuove aree agricole da cementificare.
FRANCESCO GHERARDI